Considerato che il cibo non è mai solo cibo, con il suo carico di valore sociale, culturale, familiare, anche i luoghi del cibo non sono mai soltanto ristoranti, botteghe, locali dove si mangia.
Lo dimostra la storia del Vicolo della neve, ovvero dell’osteria che porta il nome dell’antico vicolo salernitano in cui è ubicata da tempo immemore.
Proprio così, in questa puntata di Pane e Rosmarino – il podcast di Rosmarinonews.it scritto e narrato da me: la vostra Antonella Petitti foodtrotter – ce ne andremo a zonzo tra ricordi, pezzi di storia e nuovi corsi.
Ma partiamo dalle origini. Prima che l’industria e le tecnologie cambiassero abitudini secolari, i cibi si conservavano sostanzialmente con il sale, i grassi o il freddo. La trovata più straordinaria era proprio la neve a cui, guarda caso, sono state intitolate strade famose in tutto il mondo, tanto a ricordare ai più attenti il suo valore.
“Sotto la neve pane” si diceva nel mondo contadino, ma aggiungerei “sotto la neve” anche un’economia oggi inimmaginabile. A Salerno, come si faceva anche in tante altre città ovviamente, la neve veniva prelevata dai monti circostanti, immagazzinata in locali sotterranei noti come nevere, poi utilizzata in diversi modi. Il più importante, accanto alla conservazione dei cibi, era quello medico.
Spaccati di una storia affascinante che si possono scoprire nel meticoloso ed interessante racconto del libro “Vicolo della neve” – Dall’arte del freddo alla vera cucina popolare realizzato dall’Associazione culturale Amici dell’Arco Catalano, il cui progetto ed i testi vedono la firma di Bruno Centola e Francesco Ricciardi.
Ma io desidero ringraziare per avermelo donato l’amico e socio dell’associazione Ferdinando Cappuccio, grande appassionato ed esperto di gastronomia e di tradizioni locali.
Ed in questa preziosa pubblicazione la storia della città si arricchisce dei sapori, degli odori e delle vicissitudini del ristorante più antico di Salerno.
Perché accanto e sotto quel ristorante le nevere vivevano, anche quando nel 1870 venne alla luce l’osteria, la quale rimase lì anche quando le nevere smisero di essere utili.
Un indirizzo che si affermò sotto la guida di Errico Fasano, per tutti Ricuccio. Per chi lo ricorda, nonostante bisognerebbe citare più persone, va nominato anche Matteo Bonavita, che raccolse il testimone dell’osteria nel 1975. Un luogo amato dal poeta Alfonso Gatto, dal pittore Clemente Tafuri ed innumerevoli artisti che qui amavano rilassarsi tra pizza, calzoni con la scarola, la pasta e fagioli, il baccalà, la milza ripiena o le polpette.
La lista potrebbe allungarsi, ma basterà dire che si trattava della sintesi di quella cucina salernitana che si è fatto sempre fatica a definire, la quale univa la tradizione partenopea alle influenze delle aree che circondano l’ampio territorio provinciale.
Una chiusura difficile avvenuta con la batosta del Covid, dovuta ad un locale stanco che non riusciva a stare al passo con la movida.
Ma la vita vince e quest’anno il Vicolo della Neve ha riaperto grazie a tre giovani imprenditori salernitani che hanno scelto di investire sulla tradizione, non senza far spazio a quel cambiamento necessario che è vita e sopravvivenza da sempre.
Un luogo del cuore per la città di Salerno e i suoi abitanti, un indirizzo imperdibile per chi vuole conoscerla e calarsi in un pezzo di storia, anche un libro adesso in cui ritrovare tutto.
Un invito alla lettura, dunque, e un grazie per l’ascolto di quest’altra puntata. Ci sentiamo presto con un’altra storia su Radio MPA, ma anche su Spotify e su You Tube. Nel frattempo, restiamo in contatto via social sia sui canali di Rosmarinonews.it che sui i miei: Antonella Petitti foodtrotter!
Alla prossima!