Tra i protagonisti dell’inverno, di certi, vi è il radicchio, rosso e croccante. Un delle più buone, nutrienti ma anche blasonate cicorie.

Ad aggiudicarsi il primato, raggiunto al prezzo di una vita d’inferno, è il radicchio tardivo di Treviso Igp, la cui origine resta incerta.

La sua consacrazione avvenne ad opera dell’agronomo Giuseppe Benzi, il quale diede vita alla prima mostra del radicchio il venti dicembre del 1900, nella centrale Loggia di pizza dei Signori a Treviso.

Una piccola leggenda, narra che fu un uccellino a portare i semi in questo piccolo paese perché i frati poi se ne occupassero.

Il radicchio tardivo di Treviso, vive in un’esistenza intensa, tormentata da continui stress indotti dall’uomo: crudeli ma necessari per trasformarlo nel prodotto finale che arriva poi sulle tavole degli italiani.

La tecnica di “forzatura del radicchio” è stata sperimentata ed adottata già nel sedicesimo secolo ed è rimasta immutata fino ai nostri giorni. Una procedura complessa che ne fa il prodotto ortofrutticolo con il record di ore di manodopera.

La semina inizia a metà luglio e viene raccolto a novembre, dopo che ha subito lo stress di almeno due brinate indispensabili per favorirne il suo colore rosso e mitigare l’amaro. Dopo la raccolta, le piante vengono ripulite dalle foglie più esterne e dalle tracce di terra. Vengono così riuniti in mazzi di circa venti, trenta e sistemate in gabbie ben areate poste dentro piccoli tunnel per essere protetti dalle rigide temperature invernali.

E’ la fase ribattezzata di “preforzatura”: le piantine rimangono fuori dal terreno ma non muoiono, vivono in una fase di coma durante il quale vengono rallentante al massimo le funzioni vitali. Questo stato ne migliora la qualità e dà modo al produttore di graduare l’immissione del prodotto sul mercato. Al momento opportuno questa fase viene interrotta da un bagno di venticinque giorni in vasche d’acqua fredda, circa undici gradi, pompata dalle falde freatiche del fiume Sile.

In questo modo si riprende il processo vegetativo e sviluppa la sua parte interiore, da cui partono le foglie novelle, turgide e spartiformi. Una volta formati, i cespi vengono legati in modo che le foglie non prendano la luce che le farebbe diventare verdi: difetto che il radicchio di Treviso non può permettersi.

Successivamente, vengono posti su materiali assorbenti e portati a completa maturazione alla temperatura di diciotto, venti gradi. Durante questa fase le foglie intensificano il colore rosso, perdono la consistenza fibrosa e diventano croccanti. Infine, i cespi vengono liberati dai lacci, ripuliti dalle foglie esterne deteriorate, lavati e confezionati. Così inizia il loro avvio al mercato.

Il suo utilizzo in cucina è vasto: dalle preparazioni a crudo, all’insalata, passando alla cottura, sia ai ferri, fritto in pastella, brasato o nel risotto. Un ortaggio molto amato dagli chef che si inventano le più disparate ricette che hanno per protagonista proprio la salutare cicoria. La sua radice può essere bollita e anche se ha un sapore amarognolo ha un potere depurante per il sangue, come anche l’acqua della sua bollitura.

Sotto l’aspetto nutrizionale, il radicchio tardivo è ricco di sali minerali e di antocianine, di vitamine A e C. E’ indicato nelle diete e ad aiuta la diuresi. Infatti, ha proprietà lassative, facilita la digestione, la funzione epatica e stimola la secrezione biliare. Inoltre, non contiene glutine. Insomma, un concentrato di vitamine e benefici rigorosamente naturali e rigorosamente italiani.

Maria Rosaria Mandiello

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