La produzione più famosa è quella dei biscotti di Prato, dolci di forma più o meno rettangolare di pasta farcita di mandorle e pinoli, tuttora prodotti in laboratori di antichissima tradizione sparsi un po’ ovunque sul territorio.

Origini dei biscotti di Prato

La prima ricetta documentata di questa dolce prelibatezza si trova in un manoscritto di Amadio Baldanzi, noto personaggio pratese vissuto nel Settecento. Il testo è ancora conservato nell’Archivio di Stato pratese.

Da qui inizia la vicenda storica dei biscotti di mandorle. E’ infatti nell’Ottocento, grazie alle capacità creative di un pasticcere di Prato che perfezionò la ricetta, che si consolida la tradizione, ma la loro origine è sicuramente più antica e affonda le radici nella tradizione dei maestri fornai pratesi.

E’ da secoli infatti che il pane di Prato è famoso e ricercato in tutta la Toscana e con esso i biscotti che per consuetudine venivano fatti la domenica negli stessi forni. Oggi dei biscotti di Prato esistono innumerevoli versioni per tutti i gusti: al cioccolato, ai pistacchi, con scorze d’agrumi o nocciole.

I biscotti di Prato si ottengono tagliando trasversalmente dei filoncini di pasta farcita di mandorle intere (20% circa) e pinoli (1,5% circa). Sono croccanti e dorati nella parte esterna, lateralmente, in corrispondenza del taglio, si nota la caratteristica sezione delle mandorle, di cui sono riccamente farciti. Nonostante siano privi di stabilizzanti e conservanti, si conservano a lungo perché molto secchi.

L’impasto viene realizzato amalgamando le uova con lo zucchero e incorporando poi la farina, le mandorle e i pinoli. La pasta viene quindi lavorata con le mani fino ad ottenere dei filoncini lunghi dai 30 ai 50 cm e larghi circa 3 cm, che poi vengono adagiati su teglie da forno. Una volta spennellati con uovo sbattuto, devono cuocere in forno per circa 20 minuti. Vengono tagliati ancora caldi.

I biscotti brutti boni

Hanno forma rotondeggiante con diametro di 3-5 cm e consistenza piuttosto dura. Sono di colore bruno, hanno profumo e sapore di mandorle. Ecco i Brutti Boni, un altro prodotto dolciario della tradizione pratese.

Croccanti fuori e morbidi dentro: ecco il segreto di questi biscotti. Compagni inseparabili dei biscotti di Prato (tradizionalmente vengono venduti insieme) i Brutti Boni si preparano con un impasto di farina, mandorle tritate, uova e zucchero. Una volta amalgamati gli ingredienti si formano delle palline che vengono disposte nelle teglie e infornate. I dolci sono cotti quando diventano ‘brutti’ cioè quando la loro superficie, spaccandosi, diventa rugosa.

Hanno origini antiche e povere: un tempo per la loro preparazione al posto delle mandorle veniva utilizzato il nocciolo delle pesche e delle susine.

I Brutti Boni vengono prodotti in alcune pasticcerie della provincia di Prato, si dice che nessuno li compra da soli, ma sempre insieme ai Biscotti di Prato.

Gli zuccherini

Gli Zuccherini, biscotti tondi e leggeri immersi dopo la cottura nello zucchero fuso, hanno l’odore e il sapore dell’anice e sono tipici della Val Bisenzio.

Vantano una secolare tradizione nella valle, erano i dolci del pranzo di nozze e venivano preparati in grande quantità da offrire agli invitati, infatti la forma tradizionale a ciambellina ricorda la fede nuziale.

Dolci, secchi, di forma tonda con un buco nel mezzo, bianchi per l’immersione nello zucchero fuso che, secondo la tradizione, doveva essere scaldato in un paiolo di rame affinché si ottenesse un liquido uniforme. L’impasto è composto da farina, uova, burro, zucchero, anice e lievito.

La particolarità degli zuccherini è data dalla combinazione degli ingredienti e dalla lavorazione manuale che è rimasta invariata nel tempo e che conferisce il singolare aspetto al biscotto. Gli zuccherini artigianali sono grossi e contemporaneamente leggeri, a riprova di una buona lievitazione.

Gli amaretti

I dolci declivi del Montalbano, ricco di splendidi borghi punteggiati di cipressi e ricamati con oliveti e vigneti, sono anche la patria degli Amaretti di Carmignano. Gli amaretti fin dalla fine dell’Ottocento sono stati i protagonisti dei giorni di festa, dei matrimoni e delle ricorrenze religiose delle famiglie del Montalbano.

Si tratta di un dolcetto, grande poco più di una noce, dal colore ambrato e dalla caratteristica forma rotondeggiante e bitorzoluta dovuta al processo artigianale con cui viene prodotto, tale da renderne uno non completamente uguale all’altro. Ha consistenza morbida e un netto profumo e sapore di mandorla.

Le mandorle infatti, tutte di provenienza italiana, costituiscono l’ingrediente principale. Nella ricetta mandorle dolci pelate, una piccola percentuale di mandorle amare, albume e zucchero.

Semplice la preparazione: una volta macinate le mandorle con lo zucchero fino ad ottenere una consistenza farinosa, tutto viene impastato con l’albume d’uovo e poi disposto a mucchietti su dei fogli di ostia e passato in forno per una decina minuti.

La ricetta risale al 1897, ad opera di Giovanni Bellini di Carmignano detto I’ Fochi per il carattere impetuoso che gli si attribuiva. Da qui il nome Amaretti Di’Fochi.

Provali in un dessert: Amaretti al cucchiaio

Notizie, ricette e curiosità provengono, oltre che dagli stessi produttori, da pubblicazioni e archivi locali. Una fonte preziosa è stata anche l’elenco dei prodotti agroalimentari tradizionali della Toscana redatto dall’ARSIA, l’Agenzia per lo sviluppo e l’Innovazione nel settore agro-forestale della Regione Toscana in cui Biscotti di Prato, Brutti Boni, Zuccherini e Amaretti sono inseriti.

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