L’Immacolata Concezione è una ricorrenza ricca di significati sia religiosi che gastronomici in tutta Italia. Un devozione antichissima, che esisteva già in riti pagani successivamente cristianizzati.

La festività fu inserita nel calendario della Chiesa universale da papa Alessandro VII con la bolla “Sollicitudo omnium ecclesiarum” del 1661.

Il dogma cattolico fu proclamato da papa Pio IX nel dicembre del 1854 con la bolla “Ineffabilis Deus”, che sancì come la Vergine Maria sia stata immune dal peccato originale.

Ma al di là dell’importanza religiosa, il giorno della vigilia dell’Immacolata, il 7 dicembre, è un tripudio di usanze gastronomiche in diverse regioni italiane e in particolar modo al Sud.

La tradizione prevedeva il digiuno, ma oggi pur preservando l’usanza di non mangiar carne, i cibi usati sulle tavole dell’Italia meridionale sono sicuramente “fast” ma sostanziosi.

In Campania ad esempio vi è l’usanza di mangiare la pizza di scarole, soprattutto nel napoletano; in Calabria ci si rimpinza di frittelle calde e dorate, le pittule, sia dolci che salate; in Sicilia si usa tantissimo pesce azzurro in tutte le salse, oltre al baccalà.

In Puglia e in particolar modo nel Salento tra Lecce e Gallipoli, vi è la meravigliosa tradizione di preparare pucce, uliate e pizzi leccesi.

Le pucce in genere sono forme di pane del diametro di circa 30 cm, rassomiglianti all’impasto della pizza, che nel foggiano si chiamano anche papòsc e vengono farcite dalle pizzerie con un’infinità d’ingredienti, proprio come dei panini.

A Gallipoli invece esiste la “Puccia caddhipulina”, che in onore della Festa viene preparata in tutti i forni della cittadina ed è farcita con olive nere, presentando molta mollica.

Rispetto al panino tradizionale infatti la puccia contiene molta acqua, non si lascia lievitare ma infarinata viene adagiata sulla pala e messa a cuocere nel forno a legna.

Nelle case poi le pucce vengono tagliate a metà e farcite a piacere con tonno sott’olio, alici, ricotta forte, infiorescenze di finocchio sott’aceto, peperoni grigliati, funghi o giardiniera piccante.

La sera invece per la cena della Vigilia, il menù prevede pittule (frittelle di cavolfiore o pesce), le rape affogate e il baccalà con le patate.

Le uliate, sempre prodotte nel Salento, sono più piccole e farcite all’interno con olive in salamoia. I pizzi leccesi invece sono la variante moderna delle pucce, spia del benessere acquisito dalla società, in quanto l’interno è composto da una farcitura a base di verdure, tra cui peperoni, cipolle e pomodori.

Anticamente le donne per evitare di perder tempo in cucina mettevano a lievitare i famosi panini, addirittura bianchi senza farcitura e potevano così permettersi di partecipare con maggiore assiduità a tutte le celebrazioni religiose.

Quello dei pugliesi è sicuramente un pasto veloce ma carico di sapori derivanti dalla tradizione campestre e marinara assieme, che ha abolito il digiuno conservando l’astinenza dalla carne, scandito ancora oggi come una volta, da riti secolari.

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