…Moreno del Birrificio l’Olmaia, ci accoglie con i suoi splendidi occhi bicolore e la sua aria da simpatico toscanaccio giamburrasca e ci fa capire subito che tempo lui non ne ha proprio da perdere!! In realtà riusciamo a fare due chiacchiere molto piacevoli che ci illuminano, almeno teoricamente, su alcune delle sue migliori birre: La 9, un’ambrata dalle note di arancia e caramello con un finale leggermente amarognolo, è una delle più premiate ed apprezzate; La 5, una bionda elegante e mielosa, dai riflessi dorati e sentori floreali che termina con una ripresa dell’amaro dei luppoli; la BK una stout d’ebano, molto scura con toni di caffè e cioccolato, poco corpo per essere una stout ma inteso come pregio non difetto.

 

Una grande produzione che lo ha portato ad affidarsi alla grande distribuzione per non farsi distrarre dalla parte commerciale e potersi dedicare in pieno alla parte di ricerca e produzione. Alla fine ci tratteniamo un po’ più del dovuto, coinvolti dalla simpatia e soprattutto della grande competenza di Moreno e alla fine lo lasciamo andare al suo lavoro: “ha da etichettà!!!”

Dopo una sosta riposante a Bagno Vignoni, un luogo contemplativo nel cuore della toscana, in cui pare in effetti, come riferitoci da una delle poche residenti, che si concentrino particolari energie calmanti e distensive, ci prepariamo al secondo giorno di tour che ci porterà da Amiata e Bruton, due tra i più premiati birrifici italiani.

 

Troviamo entrambi i birrifici in piena produzione per cui con poco tempo da dedicarci per degustare con calma le birre ma entrambi ci forniscono di campionatura per una degustazione tranquilla da fare a casa.

Il Birrificio AMIATA ad Arcidosso, in provincia di Grosseto, seminascosto in una zona artigianale del paesino, ha una ricchissima produzione di birre diverse e quasi tutte segnalate con 4 stelle (su 5) nella guida delle birre di Slow Food ed una, la Aldobrandesca, che ne ha addirittura 5.

Dedicata all’antica famiglia degli Aldobrandeschi, questa ale chiara e un po’ torbida, nasce da una ricetta molto antica a base di malto, frumento, farro e segale che caratterizza molto il sapore fortemente cerealicolo lasciando in secondo piano le spezie, coriandolo e cardamomo.

La Bastarda Rossa trae il nome da una tipologia di castagna dell’Amiata ed è infatti caratterizzata dal sapore dolce e intenso del frutto, da sentori terracei e leggermente affumicati. Da degustare assolutamente non fredda. La produzione è davvero complessa e di grande qualità, tutta da provare: c’è la Crocus, una chiara doppio malto allo zafferano, la Bastarda Doppia caratterizzata da una quantità doppia di castagne rispetto alla Rossa, la Vecchia Bastarda che altro non è che la Doppia messa a maturare per 9 mesi in botti che hanno contenuto vini pregiati di Bolgheri.

 

BRUTON, nonostante il nome imponente (Brùton era l’antico nome della birra cerimoniale a Creta) è stato accolta all’inizio dal mondo birraio con un atteggiamento un po’ snob e diffidente data la giovanissima età del proprietario, Jacopo, che oggi, dopo diversi anni di produzione ha appena 26 anni.

In realtà, come spesso si dice, la passione non ha età e Jacopo è oramai un competente ed affermato birraio, pluripremiato e riconosciuto. Anche da Bruton ci ha accolto il profumo intenso e caldo di un birrificio in piena produzione per cui il poco tempo dedicato alle chiacchiere è stato compensato da una consistente campionatura della produzione, ricca e variegata. C’è la Bruton di Bruton, che è una chiara con sentori floreali tipici dei luppoli tedeschi; la Bianca, una chiara opalescente prodotta con farro in gran parte IGP della Garfagnana, speziata con coriandolo e pepe bianco; la Momus doppio malto molto intensa, con aromi persistenti di miele, castagna e cacao, perfetta per gli arrosti. Peccato che il ristorante annesso al birrificio sia chiuso da un po’ di tempo, sarebbe stato perfetto degustare le birre nel loro luogo di nascita. Ma come ha detto saggiamente il giovane Jacopo: di lavoro se n’ha da fare uno solo!

 

Ci accontentiamo di un frugale panino in un bar prima di riprendere la via del ritorno. E mentre il nastro grigio dell’autostrada scorre sotto le ruote, molte sono le riflessioni che vengono a galla man mano che le esperienze di questi giorni decantano.

I fili conduttori che hanno unito gli incontri con i produttori sono essenzialmente due. Un grandissima passione e dedizione per questa attività che, nella maggior parte dei casi, nasce da un amore sviscerato per questo nettare complesso, da anni di sperimentazioni e ricerche e da un pizzico di incoscienza e non da interessi meramente commerciali. Il termine “birra” si sposa perfettamente con quello di “artigianale” perché in poche altre produzioni alimentari la mano dell’uomo, le sue scelte, le sue preferenze, incidono in modo così determinante sul prodotto finale. La birra artigianale letteralmente si “fa” a cominciare dalla scelta dell’acqua per finire col dosaggio delle spezie.

E il secondo filo, un po’ meno gradevole, è la grande difficoltà che tutte queste piccole aziende stanno attraversando in questo periodo. E’ un vero peccato toccare con mano e rendersi conto nella realtà di quante vere e proprie vessazioni burocratiche e impedimenti di ogni ordine e misura queste attività debbano affrontare quotidianamente. Tutti i birrai incontrati, prima o poi, sono ad un certo punto approdati a questo discorso, alla resistenza che mettono in atto ogni giorno, alle battaglie e agli sforzi continui al limite del tollerabile, che sostengono per portare avanti il loro sogno, la loro passione. E’ un argomento questo che lascia un grande amaro in bocca, ma questa volta non è il luppolo…

Nonostante tutto ciò comunque loro vanno avanti e la spia che ci indica che non si fermeranno tanto facilmente è data da quella lucetta nello sguardo che brilla e si illumina ogni volta che parlano delle loro birre come se fossero delle figlie adorate che muovono i primi passi.

Alla prossima…

 

Sabrina Prisco

Rispondi

Please enter your comment!
Please enter your name here