Ci sono immagini che non sembrano vere finché non le vedi. Tra queste vanno annoverati sicuramente i Palmenti di Pietragalla, un insieme di incredibili costruzioni rurali dall’aspetto fiabesco che riporta immediatamente il pensiero, a seconda delle proprie preferenze, al villaggio dei Puffi, a quello di Asterix o alla saga del Signore degli Anelli.
Ma andiamo per ordine e cerchiamo di capire di che cosa si tratta.

Pietragalla è un comune lucano in provincia di Potenza con poco meno di 4000 abitanti fondato intorno al X secolo d.C.

Il nome del paese deriverebbe da “Pietra Gialla”, in riferimento al colore del tufo che per secoli ha rappresentato il più utilizzato materiale da costruzione. Il suo grazioso centro storico medievale si sviluppa armoniosamente intorno alla bella chiesa madre dedicata a San Nicola di Bari e al notevole Palazzo Ducale.

Borgo da sempre a vocazione agricola, particolarmente attivo nella produzione del vino, intorno al Settecento vide la realizzazione, da parte dei francesi della Provenza, dove esistono costruzioni simili, dei cosiddetti palmenti, cantine-grotta, chiamate “rutte” in dialetto locale, scavate direttamente nella roccia per la lavorazione e conservazione del vino, durante la loro presenza nell’area.


Queste costruzioni sorsero all’esterno del paese a metà strada tra questo e i numerosi vigneti della campagne vicine, addossate le une alle altre o semplicemente vicine senza un ordine preciso, ma rendendo allo stesso tempo un’immagine armonica e rilassante.
Ciò che più colpisce è il loro aspetto a “casetta”, coi tetti ricoperti dal manto erboso, senza soluzione di continuità con l’ambiente circostante, come se un immenso prato avvolgesse a mo’ di coperta un pittoresco e antico villaggio abitato.


Ma i palmenti, circa duecento, posti a est del paese, non sono abitazioni e ospitano invece un complesso sistema di vasche poste a diverse quote, usate per la pigiatura, la fermentazione e la spillatura del vino, scopo per cui furono attivamente utilizzate fino agli anni Sessanta del secolo scorso.
Ogni palmento è per gran parte interrato e l’unico elemento emergente e realmente visibile è la facciata anteriore si cui si trova una piccola porta d’accesso in legno.


All’interno si trova un piccolo spazio d’ingresso con una vasca per la pigiatura dell’uva e in comunicazione con un vascone più grande e più profondo per la fermentazione del mosto, a sua volta collegato a una terza vasca, detta “palmentedda”, per la spillatura del vino che poi veniva trasportarlo nelle cantine, nella parte settentrionale del paese, dove veniva conservato in botti di legno.
Altre nicchie servivano per alloggiare viveri e candele e in alcuni casi era presente anche un camino per riscaldare l’ambiente al fine di accelerare il processo di fermentazione.
Sul soffitto veniva spesso fissato un robusto anello di ferro che serviva da appiglio durante la pigiatura dell’uva.


La loro costruzione si avvaleva di materiali poveri, provenienti dall’ambiente circostante, come pietre di fiume per l’alzata esterna e sabbia per l’intonaco.
Il risultato finale è uno scenario unico nel nostro Paese, dall’aspetto talmente irreale da farlo sembrare fuori da ogni tempo e ogni spazio, dandoci la possibilità di far galoppare la fantasia in ogni direzione.


L’area è liberamente visitabile, ben curata e dotata di diversi pannelli che spiegano le principali caratteristiche di questa singolare architettura rurale.

Diversi palmenti sono tenuti aperti per permettere la visione del sistema delle vasche di lavorazione del vino.
Per ogni viaggiatore che si trovi in provincia di Potenza va considerata una tappa assolutamente imperdibile.

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