PLASTICA RICICLO BOTTIGLIEE’ più che mai una protagonista indiscussa della nostra quotidianità (purtroppo), va però detto che non tutta la plastica è recuperabile.

Nel momento in cui si è in procinto di gettare nel contenitore apposito della raccolta differenziata una bottiglia o un qualsiasi altro materiale polimerico, è bene che si controlli la presenza su di esso del codice che lo identifica come riciclabile.
I più comuni sono: PET, HDPE, PVC, LDPE, PP e PS. Il processo di riqualificazione comincia con un detector elettronico a raggi “X” oppure di sistemi idraulici che distinguono i materiali in base alla loro densità. L’attività di selezione permette non solo di eliminare eventuali frazioni estranee, ovvero vetro, carta o alluminio, dagli imballaggi in plastica, ma anche di suddividere gli stessi in base alla tipologia dei polimeri.
Una volta effettuata la ripartizione, si procede alla lavorazione dei materiali per il riutilizzo, che può essere di due tipi: chimica o meccanica.

La prima consiste nello spezzare le molecole base della plastica e ottenere le materie prime di partenza. La seconda, più comune, consiste nella lavorazione meccanica di oggetti in plastica raccolti come rifiuto che diventano così materia per la produzione di nuovi oggetti.
Si passa al riciclo e nella sua prima parte gli imballaggi vengono ridotti in piccole dimensioni, attraverso un processo di triturazione. Il materiale così trasformato viene poi immesso in una vasca di lavaggio e viene trascinato dalla corrente d’acqua verso una macina, che rappresenta la seconda fase di lavorazione: qui i pezzetti di plastica vengono ulteriormente ridotti.
La terza e ultima fase riguarda l’essiccamento: il macinato viene asciugato, lavorato e colorato: viene, insomma, creata nuova plastica, pronta ad assumere un’altra identità.
Ma che fine fa la plastica che non si può riciclare? Nessuna paura, non viene lasciata così com’è. L’obiettivo è trasformare, non abbandonare. Il materiale plastico non riciclabile viene spesso destinato al recupero energetico attraverso un processo di termovalorizzazione, oppure può essere sottoposto a un apposito trattamento per il ricavo di combustibili alternativi, utilizzabili nei forni dei cementifici e per la produzione di energia termoelettrica.
E’ ovvio, ma è bene ricordarlo, che comunque sia è sempre buona norma (quando possibile) prediligere materiali diversi dalla plastica che hanno un minor impatto sull’ambiente: dalla ceramica al vetro, passando per il legno e l’acciaio.

Maria Rosaria Mandiello

1 COMMENT

  1. Termovalorizzatore è il modo meno brutto per dire inceneritore. E’ altamente inquinante non solo per i fumi ma anche per il particolato tossico che produce. Il recupero di energiaL’Italia ha infranto diverse norme dell’U.E in questo settore

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