Per raggiungere l’Abbazia della Santissima Trinità di Cava de’ Tirreni bisogna percorrere una tortuosa strada collinare che porta a circa 400 metri sul livello del mare, alternando piccole frazioni, casali e scorci boscosi dei pendii che precedono la Costiera Amalfitana.
L’imponente struttura appare a ridosso della nuda roccia che la protegge da un lato.

La storia dell’Abbazia di Cava de’ Tirreni

La scelta di un luogo così isolato, soprattutto se si considera che la fondazione ci riporta indietro di quasi mille anni, è dovuta alla ricerca di un luogo di eremitaggio del suo primo fondatore, Sant’Alferio, nobile salernitano già ambasciatore del principe longobardo Guaimario III.
Alferio, che si ritirò a vita eremitica nel 1011, era già in odore di santità nella sua epoca e attirò molti discepoli, motivo per cui fondò un piccolo monastero per poter accogliere i numerosi ospiti.
Nel corso dei secoli, soprattutto dopo la discesa dei Normanni in Italia, l’abbazia benedettina crebbe notevolmente in dimensioni e importanza, tanto da diventare centro di una potente congregazione monastica con centinaia di chiese e monasteri dipendenti sparsi in tutta l’Italia Meridionale; si consideri anche che altri suoi undici abati furono riconosciuti Santi o Beati dalla Chiesa Cattolica.
La storia millenaria e il prestigio che la Badia di Cava de’ Tirreni ebbe nel corso della sua esistenza rendono la sua visita particolarmente interessante.
Il percorso inizia dalla grande basilica realizzata nella seconda metà del Settecento, realizzata nello stesso sito in cui Alferio fece costruire nel 1025 la prima chiesa.
L’attuale edificio religioso a tre navate si presenta imponente, armonioso e riccamente decorato.

Salta immediatamente all’occhio la presenza dell’ambone del XII secolo, dono del normanno Ruggero II in cambio della sepoltura, all’interno della basilica, della sua seconda moglie, Sibilla, deceduta nel 1150. Della sua ricca tomba rimane solamente il sarcofago, visibile lungo il percorso di visita. Della preesistente basilica rimane anche la cappella dei SS. Padri, che si trova in fondo alla navata di destra, ristrutturata e rivestita di marmi policromi nel 1641.

Cosa vedere all’Abbazia di Cava de’ Tirreni

Di gran pregio è la Sala del Capitolo, il cui pavimento in majolica napoletana del Settecento, venne prelevato dal monastero di Sant’Andrea delle Dame e donato alla Badia dalla Soprintendenza alle Gallerie di Napoli.
Un piccolo chiostro fu realizzato nel poco spazio a disposizione tra la roccia e il ruscello Selano, ma proprio questa caratteristica lo rende particolarmente affascinante. Adiacente ad esso si trova la Vecchia Sala del Capitolo risalente al XIII secolo in cui sono custoditi alcuni affreschi recuperati con tecnica a strappo dai resti della vecchia basilica.

Gli ambienti sicuramente più suggestivi sono quelli sotterranei, che fanno parte dell’antico edificio fatto realizzare da Sant’Alferio, in particolare la Cappella di San Germano e il cosiddetto Cimitero Longobardo, in cui oltre alla presenza di diverse colonne di spoglio, erano presenti anche migliaia di resti mortali, esumati e trasferiti solo in epoca recente in un ossario che si trova nei giardini del complesso.

Qui si respira l’atmosfera medievale che diede vita all’intero complesso, un salto indietro nei secoli che suscita forte emozione.
Collegata agli ambienti sotterranei si trova una grande sala del XIII secolo adibita a museo che raccoglie buona parte delle opere d’arte in possesso della Badia, con interessanti reperti che datano dall’epoca romana, quando verosimilmente era presente un tempio pagano.
Data l’importanza che l’Abbazia della Santissima trinità ebbe nel corso dei secoli, è presente una biblioteca con oltre 80.000 volumi e, soprattutto, un archivio con documenti che datano a partire dall’anno 792 d.C., oltre 15.000 manoscritti e pergamene, consultabili però solo da studiosi autorizzati ed esclusi dal normale percorso di visita.

Per oltre un secolo, a partire dal 1894, la Badia di Cava fu anche istituto scolastico per molte generazioni di ragazzi, ma per la progressiva riduzione della popolazione scolastica l’attività didattica terminò nel 2005. Oggi è una delle sedi dell’Università Telematica Pegaso.

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