Lo abbiamo detto tante volte “cin cin” e poi a seguire il brindisi per augurarsi e augurare qualcosa di speciale e talvolta unico, ma il bon ton rabbrividisce a tal brindisi.

L’espressione non è la trascrizione onomatopeica del suono che fanno i bicchieri toccandosi, bensì deriva dal cinese “ch’ing-ch’ing”, una formula di cortesia che letteralmente significa “prego, prego”, introdotta in Europa dai marinai inglesi, nel 1700, il cui effetto acustico risultava allegro e gioioso e fu associato al buonumore delle bevute.

In Cina, invece, dove non si beve durante i pasti, alla fine è consentito dire insieme “gang bei” cioè svuotare i bicchieri ed ognuno solleva il proprio, insomma il nostro brindisi. Per i manuali di galateo della tavola è bandito dire cin cin in quanto in altre lingue orientali è nomignolo di un attributo sessuale.

Secondo il galateo è importante non far schioccare i bicchieri l’uno contro l’altro, in quanto è ritenuto un gesto poco elegante, specialmente quando i commensali sono tanti e per raggiungere tutti si devono fare acrobazie, talvolta sbracciandosi.

Un altro mito da sfatare è il “guardarsi negli occhi” l’uno con l’altro mentre si brinda. Questo è un rito nordico, molto speciale e che si personalizza di voltai in volta. Anche il “prosit” bavarese, in cui i compagni di bevuta brindano con la birra e sono chiamati ad incrociare il loro sguardo.

Per il galateo non si sbaglia con un discreto “salute”, un modesto “evviva” o anche un estroverso “a noi!” Piccoli accorgimenti che ci rendono più eleganti e composti, anche a tavola.

Maria Rosaria Mandiello

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