Fa bene al corpo e allena la mente. Accresce lo spirito di osservazione e sollecita l’intuito. Essendo realizzata all’aria aperta, può essere considerata un valido ed originale strumento per entrare in contatto con la natura, con sé stessi e con la storia.

E la storia, o meglio la ricostruzione degli avvenimenti storici, ha molto a che fare con questa pratica a metà tra un esercizio fisico e un training mentale, perché con essa entra in costante relazione.

Cos’è il metal detecting?

Si tratta, in sintesi, della ricerca di oggetti metallici, condotta mediante l’ausilio di uno specifico strumento, il metal detector appunto, un rilevatore che, grazie ad un ingegnoso sistema di induzione elettromagnetica, è capace di individuare finanche piccolissime particelle di qualsiasi tipo di metallo, che siano esse sotterrate nel terreno o immerse in profondità.

La storia del metal detector

Risale al 1881 la prima comparsa di un apparecchio del genere, se pur assai rudimentale rispetto a quelli attuali. Fu l’inventore Alexander Graham Bell ad utilizzarlo per individuare, affinché fossero rimosse, le pallottole rimaste conficcate nel busto del presidente americano Jones Garfield, ferito in seguito ad un attentato.

Da allora, e fino ai primi anni ‘20 del secolo scorso, il metal detector fu impiegato esclusivamente per esigenze militari. Solo successivamente, con l’affinarsi delle tecnologie, il suo utilizzo è diventato sempre più frequente e vario, grazie anche alla possibilità di ridurre le dimensioni delle strumento e renderlo più maneggevole e fruibile. Oggi il metal detecting è una pratica diffusa, non solo a scopo medico o militare.

Chi sono i detectoristi

La ricerca delle tracce del passato, infatti, affascina migliaia di appassionati in tutto il mondo. I detectoristi, così si definiscono coloro che si cimentano in questa attività, utilizzano il metal detector “spazzolando”, come si dice in gergo, l’area di ricerca, muovendo questo strumento dal lungo manico da destra a sinistra e da sinistra a destra.

L’emissione di un suono, associato alla comparsa di un preciso segno sul display posizionato sull’estremità superiore del rilevatore, sarà il segnale che la ricerca ha prodotto risultati. Dalla monetina, al piccolo gioiello; dal reperto bellico o di valore militare, all’oggetto smarrito, i filoni di ricerca sono diversi e si differenziano proprio in base alla finalità.

Professione cerca metalli: ecco l’identikit del detectorista responsabile

Qualcuno certamente ricorderà il cercatore di metalli, cinico protagonista del film di Ermanno Olmi “I recuperanti” che, imbracciato il metal detector, si guadagnava da vivere rivendendo residuati bellici metallici della Grande guerra.

Ma non si pensi che questo, oggi, possa essere definito un “vero” detectorista. Tutti i “cercatori”, infatti, hanno precise disposizioni e leggi a cui attenersi. In Italia quella di riferimento è il Decreto legislativo n.42 del 2004, il cosiddetto Codice Urbani, che disciplina proprio l’uso legale del metal detector, vietandone l’utilizzo ad esempio nei pressi delle aree archeologiche.

La Federazione Italiana Metal Detecting

Non esiste una stima precisa di quanti siano nel nostro Paese coloro che si dedicano al metal detecting, quello che è certo è che intorno a questa pratica, dagli anni ’70 ad oggi, è andata creandosi una vera e propria comunità, destinata ancora a crescere.

«In Italia possiamo contare circa 50 mila detectoristi attivi. Tra questi, 20mila sono quelli più ferrati ed esperti» – afferma Francesco Manzella, presidente della FIMD- Federazione Italiana Metal Detecting, che ha sede a in provincia di Palermo, a Cinisi, e riunisce sotto la sua egida tantissimi iscritti provenienti da un’estremità all’altra dello Stivale.

Costituita nel 2017, la FIMD nasce con l’obiettivo di rappresentare e sostenere tutti coloro che si cimentano in questa pratica e di diffondere un nuovo modello di metal detecting: il metal detecting “responsabile”.

Come si comporta un detectorista responsabile?

Quali sono i principi e le regole a cui attenersi?

È ancora il presidente Manzella a tracciarne l’identikit, precisando che tutti i soci della FIMD hanno il dovere di attenersi ad un ben definito Codice Etico: «È colui che osserva le leggi vigenti in materia, che agisce in sicurezza per l’incolumità propria e altrui, che rispetta il patrimonio culturale e la proprietà privata ma anche l’ambiente, gli animali, i luoghi, lasciando la zona di ricerca meglio di come l’ha trovata».

Ma soprattutto il detectorista responsabile è quello che s’impegna a divulgare questi principi etici e queste indicazioni in ogni contesto.

«Come federazione non abbiamo il potere di perseguire chi agisce in spregio alle leggi e alla corretta fruizione di una pratica che vuole essere rispettosa del patrimonio storico, naturalistico e ambientale» – conclude Manzella- «Abbiamo, però, una importante missione, quella di fare educazione e informazione. Questi due aspetti rappresentano, per noi, un obiettivo primario ed imprescindibile».

Cercatori di storie

Non è, dunque, un vero e proprio sport ma non è neppure un semplice hobby. Il metal detecting, a detta di chi lo pratica, è una filosofia di vita, è passione pura. E non già per la ricerca materiale di un oggetto quanto, piuttosto, per quello che il ritrovamento di quell’oggetto potrà significare: il recupero di una traccia dimenticata del nostro passato, il segno tangibile di una storia che si è compiuta e che, unita ad altre storie, spesso può costituire la tessera fondamentale per ricostruire vicende, decifrare situazioni e perfino svelare destini.

È quello che testimonia Giuseppe Gaeta, detectorista campano di lungo corso, che nel suo libro dal titolo “Il Cercatore, storie di Uomini”, racconta sei storie, partendo da altrettanti ritrovamenti.

Una per tutte, quella di un suo prozio, Matteo Schiavone, tra i dispersi dell’affondamento della torpediniera Andromeda del 1940, il cui relitto fu ritrovato nel 2016 nei fondali della Baia di Valona.

«La pratica del metal detecting è sinonimo di ricerca, di fatica, di impegno e di studio ma anche di emozione» – afferma Gaeta – «A volte ho come l’impressione che siano gli oggetti stessi a voler essere ritrovati e studiati, per essere collocati nel periodo storico a cui risalgono, dando modo a noi cercatori di portare alla luce fatti e vicende, personali e collettive, regalando emozioni forti e, quasi sempre, inaspettate».

Passione, competizione, condivisione

Pur non essendo una disciplina sportiva propriamente detta, il metal detecting contempla anche delle vere e proprie competizioni: in un’area definita, vasta ma circoscritta, vengono disseminati una serie di oggetti metallici, i cosiddetti target. Chi alle fine del tempo stabilito, che in genere si aggira intorno ai 45 minuti, ne avrà trovati in maggior numero, risulterà vincitore.

È quello che accade ogni anno, in occasione di Detectitalia, una sorta di raduno nazionale della Federazione, le cui date per il 2025 sono state già stabilite. Il 13 e 14 settembre i cercatori italiani si incontreranno a Bologna e si cimenteranno su campi di ricerca vastissimi di oltre 130 ettari, alternando le gare a workshop e seminari con esperti e a incontri con espositori di settore.

Intanto il prossimo 20 ottobre ad Oliveto Citra, in Provincia di Salerno, si svolgerà il V raduno Metal Detector Campania, sempre sotto il patrocinio dalla FIMD.

Una curiosità: oltre alle gare per adulti, è prevista una gara metal detecting per bambini, del tutto gratuita. A tutti loro sarà data la possibilità di usare uno strumento e vivere, così, il brivido della ricerca. Insieme alla passione per la ricerca i bambini, ed in particolare quelli “speciali”, sono protagonisti di questo V raduno campano.

«Quest’anno- spiegano gli organizzatori- l’evento è a scopo benefico. Tutto il ricavato dalle iscrizioni vuole essere una raccolta fondi per l’acquisto di beni utili alle terapie e al gioco, per il sostegno ai bambini con disabilità. Perché il metal detecting è passione ma anche condivisione di obiettivi».

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