Esperti, vivaisti e produttori. Sono stati loro i protagonisti di un workshop organizzato dall’Assessorato all’Agricoltura della Regione Campania e dall’Azienda Agricola Sperimentale Improsta di Eboli. Si sono incontrati lo scorso settembre per ragionare sui primi risultati diffusi in merito al lavoro di ricerca del progetto “Olviva”.
L’obiettivo, di un lavoro iniziato più di dieci anni fa, era ed è individuare, selezionare e conservare il germoplasma olivicolo campano, dunque migliorare gli standard qualitativi dello stesso. La Campania ha ben 72 mila ettari di superficie olivicola, numeri che la posizionano al sesto posto in Italia, ma è la Provincia di Salerno a contribuire maggiormente al risultato con il 58 %. Un ampio patrimonio che ha bisogno di un forte lavoro di tutela e valorizzazione, soprattutto dal punto di vista genetico.
Nell’azienda Improsta il progetto è cominciato nel 2001, studiando e confrontando le cultivar autoctone. Sono state considerate la vigoria delle piante, la produttività, gli aspetti agronomici, le fasi fenologiche e la resa delle olive, risultati che presuppongono un miglioramento se la specifica varietà viene impiantata nella sua terra d’elezione.
A spiegare i risultati Claudio Di Vaio del Dipartimento di Arboricoltura, Botanica e Patologia Vegetale dell’Università Federico II di Napoli, mentre a porre l’accento sul lavoro di miglioramento sanitario è stato Francesco Faggioli del Centro di Ricerca per la Patologia Vegetale di Roma.
“L’olivo è una pianta resistente che difficilmente manifesta i sintomi di un virus, dunque l’attenzione all’aspetto sanitario di una singola cultivar e la certificazione volontaria restano strade necessarie da seguire”, spiega Faggioli. Ma il settore vivaistico campano resta allo sbando per via della eccessiva frammentazione delle aziende produttrici di olio e per la sottile linea di demarcazione che divide i commercianti e i vivaisti “puri”.
Questioni annose che continuano a concretizzarsi nell’incapacità di creare una O.P. dei vivaisti, che possa affrontare con maggiore forza le tematiche più difficili per il settore. Il presidente della CIVI Italia, Giandomenico Consalvo, salernitano e produttore orticolo, non nasconde le forti incongruenze che contraddistinguono la Campania olivicola. “La CIVI associa consorzi vivaistici e lavora sulla certificazione volontaria, ma nonostante questa regione sia tra le più ricche in termini di quantità e qualità non esiste nessuno che abbia aderito alle nostre attività”.
“Le certificazioni volontarie”, ribatte Bruno Danise dello Stapa Cepica di Salerno, “devono essere viste come delle opportunità. Se qualcuno vende illegale, c’è qualcun altro che compra illegale, dunque non ci si può lamentare della reale concorrenza sleale fatta da tanti”. Polverizzazione delle aziende, una produzione di olio DOP bassissima, incapacità di associazione: sono questi i limiti del settore olivicolo campano che possiede, di contro, grandissime potenzialità.
“Le istituzioni devono formare ed informare i produttori, il lavoro che ne segue sta a loro”, specifica Vincenzo Aita, consigliere delegato CRAA. “Facciamo dell’Azienda Improsta la struttura consortile, purtroppo non abbiamo avuto una scuola vivaista, ma possiamo cominciare. La filiera è quasi completa, noi abbiamo creato le marze, ora servono i vivaisti che vogliono investire sulle nostre cultivar. La Campania, inoltre, continua a non avere un unico luogo espositivo in cui buyers e appassionati possano conoscere, assaggiare e comprare, eppure è sempre più urgente!”, conclude Aita.