Se esiste in Italia un’isola che merita l’appellativo “estrema”, questa è Linosa.
Provate a raggiungerla da qualsiasi parte d’Italia che non sia la stessa Sicilia, e vi renderete conto che si fa prima ad arrivare in Australia. Personalmente, quest’anno, c’ho messo solo 26 ore da Salerno, e talvolta va pure peggio.
Il traghetto da Porto Empedocle parte una volta al giorno. Salvo mare grosso, salvo scioperi, salvo guasti della nave; l’aliscafo è in funzione solo a luglio e agosto.

Pur legata geograficamente (Isole Pelagie) ed amministrativamente a Lampedusa (di cui è frazione), Linosa è distante dalla sua sorella maggiore in tutti i sensi.
Cinque chilometri quadrati di roccia vulcanica e coste aspre e rocciose fanno da contorno a un piccolo paese di case colorate, 400 anime in tutto, un numero che rimane stabile da decenni.
Non per molto, probabilmente, perché qui si celebra sì e no un matrimonio all’anno, e le nascite ormai sono al lumicino.
Ma la gente resiste, non si rassegna, né vuole andarsene nel “mondo di fuori”. Chi ci ha provato è tornato, sempre.

Linosa non è un’isola dalle grandi potenzialità turistiche e non è fatta per chi ama l’ombrellone in riva al mare.
Mancano le spiagge e non ci sono alberghi.
In alta stagione arriva qualche turista da Lampedusa, per una gita giornaliera. Un’escursione in barca, un pranzo al ristorante al porto, pochi passi nel minuscolo paese e se ne va.
Linosa va conquistata e, se ci riesci, a sua volta ti conquista.

Per soggiornare devi parlare con gli abitanti, trovare una casa privata. E poi un pescatore che ti noleggi una barca, magari il gozzo che lui stesso ha usato per la pesca fino al giorno prima. E abituarsi ai lenti, lentissimi ritmi Linosani.

Linosa fichi d'india paese
Giornate scandite dall’esplorazione delle infinite calette sulla costa, da passeggiate lungo le strade che attraversano l’interno dell’isola.

Un minuscolo universo dominato dal vento e dai fichi d’india, su cui troneggiano le cime del Monte Nero, del Monte Rosso e del Monte Vulcano, che circondano, sul fondo di quello che un tempo era un cratere, la pianura interna dove gli anziani ancora lavorano la terra. Piccoli orti e appezzamenti, da cui ricavano con grande fatica minuscole produzioni per autoconsumo e capperi da vendere ai turisti.

Linosa è un mondo che si domina con lo sguardo. In poco tempo inizi a conoscerne ogni pietra, ogni anfratto, ogni casa, fino a sentirlo tuo, completamente.
E puoi innamorartene perdutamente, com’è successo a Giovanni Confortini, artista bresciano che vive qui da otto anni, in assoluta solitudine e, aggiunge lui, beatitudine.
Dipinge quadri iperrealistici, li vende in agosto, ci campa tutto l’anno.

Superando di anno in anno il duro inverno linosano, fatto di mesi in cui la gente sta chiusa in casa, senza uscire quasi mai, senza vedere nessuno. Ripagato dai colori del tramonto, dal profumo del mare che si mescola a quello della macchia mediterranea, dai silenzi interrotti solo dal vento, che talvolta sibila, ma spesso urla.
Se per una vita, per un mese, o per un giorno si ha voglia di scoprire cosa sia un’isola estrema, benvenuti, il Paradiso è qui.

1 COMMENT

  1. onorato di essere stato nei tuoi pensieri. Hai riassunto in poche righe il microcosmo linosano,evidenziandone egregiamente i pro e i contro. Paradiso e inferno…….. ma a Linosa si amano tutti e due. ahahhahahah…. gazie ancora per essere stato nominato. Un abbraccio affettuoso,Giovanni Confortini

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