Noi che ci occupiamo di vino per diletto vorremmo diffondere la gioia del bere presso i giovani e consolidarla presso i meno giovani. Scopriamo allora con rammarico che i grandi della terra, o almeno uno fra loro il più potente, non condivide questa gioia e pensa di applicare dazi al commercio del vino, dazi che ne comporterebbero l’aumento del prezzo e una più difficile collocazione sul mercato, in pratica si berrebbe di meno e non di più.
Il nostro vino è oggetto di discussioni fra l’Europa e gli Stati Uniti, fra i massimi esportatori e i massimi importatori.
A Biarritz, in Francia, Trump minaccia di applicare dazi salatissimi alle importazioni di vini, i maggiori danneggiati sarebbero i padroni di casa e l’Italia, nonché la Spagna che però al G7 non partecipa e farà sentire la sua voce tramite la Commissione europea.
Immediate arrivano le preoccupazioni dei produttori, fanno notare che le esportazioni italiane verso gli States sono raddoppiate negli ultimi tempi e riguardano i nostri prodotti di punta, il Prosecco anzitutto sulle ali degli aperitivi a base spritz, il Chianti, il Brunello e il Rosso di Montalcino, l’Amarone, il Lambrusco, il Barolo, le etichette note nel mondo per rappresentarci al meglio per il gusto e la popolarità.
Non sfigurano i prodotti meno noti che chiamiamo territoriali perché legati ad un certo luogo come il Nero d’Avola, l’Aglianico, il Fiano, il Greco. Ne risentirebbe tutto il comparto enoico e con esso la nostra agricoltura che trae dalla vigna ricchezza e bellezza.
I produttori francesi hanno offerto a Trump il rosato con l’invito a berlo anziché tassarlo, chissà che al gusto fresco del rosato provenzale il Presidente non ci ripensi e rinunci alla guerra commerciale con l’Europa, cui questa dovrebbe rispondere con contromisure a danno del commercio globale.
Il vino ci rallegra e non ci offusca, per dirla col latino scolastico “in vino veritas”, nel vino troviamo la verità che è oggetto del piacere e merce pregiata negli scambi internazionali.
Qualche produttore ne parla come del migliore ambasciatore d’Italia nel mondo, col turbo delle etichette vola l’eccellenza italiana, tirarci addosso con la controaerea dei dazi è come abbattere un uccello migratore, una pratica vietata ovunque a protezione delle specie rare.
Non abbattiamo il vino, non costruiamo nuove barriere oltre a quelle che separano le persone, non opponiamo ostacoli agli scambi commerciali e culturali.
Come se noi bloccassimo l’uso dell’inglese nelle nostre università e le serie americane nelle nostre TV. Il vino è il nostro Netflix, questo il messaggio che modestamente vorremmo recapitare al Presidente augurandogli di degustare un vino da meditazione prima di meditare qualsiasi mossa!