OLYMPUS DIGITAL CAMERAMELFI (PZ). Come tutte le terre di confine Melfi ha il fascino della storia che si intreccia, di pezzi perduti, di memorie recuperate.

Tra l’Irpinia e la piana del Tavoliere, la capitale dei Normanni fu fedele a Federico II e accolse i popoli che dalle sue colline restò affascinato.
Cittadina della provincia di Potenza, Melfi resta il riferimento per l’intero Vulture…la zona più preziosa se si pensa che il settore agricolo è ancora oggi una parte importante dell’economia lucana e soprattutto se si volge lo sguardo ad una delle produzioni più eccellenti: quella dell’Aglianico del Vulture.
Quel vulcano dormiente che tutto sa e tutto vede continua a regnare e forse a vegliare su una regione che ha bisogno di raccontarsi, scrigno ancora chiuso di un patrimonio artistico, storico, paesaggistico che stenta a valicare i confini della sua terra. Ed il vino si sa è un buon comunicatore…
Anche per questo nasce “Le piccole vigne del Vulture”– kermesse promossa dal Comune di Melfi ed ideata dal giornalista Luciano Pignataro e da Mauro Erro, che il 7 e l’8 maggio scorso, ha raccontato la città e nove piccole cantine a giornalisti, esperti ed appassionati. Una degustazione nella bella cantina sotterranea di Carbone, nel centro di Melfi, un giro della città ed il pranzo firmato dallo chef lucano Francesco Rizzuti dell’Antica Osteria Marconi.
Camerlengo, Carbone, Colli Cerentino, Eleano, Eubea, Grifalco, Laluce, Macarico e Musto Carmelitano: sono queste le piccole cantine protagoniste della due giorni dedicata all’Aglianico del Vulture.
Definito anche il Barolo del Sud…l’Aglianico si fa attendere sin dalla vendemmia – che di solito è media tardiva – giungendo fino ai primi di novembre e che poi preferisce – per dare il meglio di sé – lunghi periodi di affinamento.
OLYMPUS DIGITAL CAMERACoi suoi 1500 ettari di superficie vitata, l’Aglianico del Vulture sta ottenendo sempre più risultati e premi come le undici menzioni ricevute al concorso enologico collegato al Vinitaly 2010 affiancate da una medaglia d’oro.
Ogni cantina ha una storia di famiglia, sono rare le eccezioni contrarie, anche quando la nascita ufficiale e dunque l’imbottigliamento arriva soltanto qualche anno fa.
E’ di Antonio Cascarano, ad esempio, l’azienda Camerlengo. La prima annata è del 2001, ma tra le piccole vigne ci sono piante che arrivano a più di 40 anni, di proprietà del suo bisnonno.
Per la Cantina Carbone, invece, siamo alla seconda annata con impianti risalenti agli anni ’70. Due fratelli ed una sorella uniti ancora di più dalla produzione dei loro vini.
Anche Colli Cerentino nasce soltanto nel 2002 da un gruppo di amici appassionati, oggi si caratterizza per la produzione di tre aglianico.
Si aggiunge un moscato, invece, alla produzione dell’aglianico per l’azienda Eleano…la storia qui non s’allontana dal bisogno di ritornare alle radici, cosa che hanno fatto Alfredo e Francesca lasciando la capitale per “trasformarsi” in vignaioli.
Qualche annata in più, invece, per Eubea. Una realtà storica nel comprare e trasformare le uve e nella commercializzazione del vino, ma è solo nel 1997 che ufficialmente diviene un’azienda vitivinicola. Anche in questo caso piante di 40 anni per una parte delle vigne condotte in biologico.
Ma non mancano le storie che incuriosiscono e che colpiscono, come quella di Grifalco. Si tratta di Fabrizio e Cecilia Piccin, storici produttori di vino in Toscana, nel 1997 si trasferiscono in Basilicata. E’ da allora che si dedicano completamente all’Aglianico del Vulture, curando con attenzione giovani e vecchie vigne…alcune piante toccano quota 60.
Michele Laluce è da sempre un agricoltore, ma inizia nel 2001 a Ginestra la sua storia nella viticoltura proponendo tre vini ottenuti da aglianico in purezza ed un quarto prodotto ottenuto da moscato e malvasia. Conduce in biologico le sue vigne ed appartiene alla schiera di chi pian piano ha costruito tutto da solo.
Sono Rino Botte e Lucia Giura, invece, i genitori di Macarico, che danno al via alla loro attività nel 2001 arrivando nel 2003 alla loro prima annata. A Barile le vigne ed anche la cantina: una vecchia grotta scavata nel tufo in pieno centro storico.
La più giovane di queste nove “piccole cantine” è Musto-Carmelitano. La prima vendemmia è stata quella del 2007, sogno e realtà di Elisabetta, anche quest’azienda lavora su un vino ottenuto da vigne che va dai 40 agli 80 anni.
Ci sarebbe molto altro da raccontare sul Vulture, la cortesia inattesa dei passanti incontrati per strada, la storia che segna il Duomo e il Castello di Melfi, ma il miglior regalo a questo meritevole territorio e all’alta qualità della produzione vitivinicola è che decidiate di visitarlo, viverlo…bere l’Aglianico nel fresco delle cantine o sulle assolte terrazze che mostrano la sua ridente natura.

Antonella Petitti

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