NUSCO (AV). Più passa il tempo e più raccontare diventa arduo. Un lusso che amo prendermi tutti i giorni, che devo…considerando che è il mio lavoro. Eppure – col tempo – ci si rende conto che ogni persona, ogni luogo, ogni fatto, è talmente complesso da sfuggire alle parole che possono essere contenute in una pagina.
Ma nonostante ciò continuo a scrivere con la consapevolezza della relatività di ciò che ogni giorno viene detto. Nessun preambolo all’argomento del giorno, no. Solo una riflessione a margine. Assolutamente indipendente. Stavolta il mondo in cui sono entrata è stato quello della Locanda di Bu e di uno chef stellato: Antonio Pisaniello.
Un nome e cognome che ha bisogno di una precisazione, questo chef ha due anime. Si tratta di Tonino lo chef e di Antonio il public relator…l’oste. Perché uno ama il lavoro di ricerca, d’attesa, di lenta costruzione d’un piatto, l’altro ama raccontare, raccontarsi, confrontarsi, capire chi ha di fronte e gestire il proprio ruolo “pubblico” (cosa sempre più fondamentale oggi, anche per uno chef).
Ma in questa cena li incontreremo tutti e due, apprezzandone o meno le rispettive qualità e i rispettivi limiti. Ma lo scontro interiore tanto caro alla letteratura e all’arte è alla base della creatività, e questo scontro tra la concretezza di un irpino doc e l’ambizione di un talento sono quanto di più naturale ci possa essere.
In fondo Tonino (o Antonio??? Chissà!) ha vissuto saltando tra esperienze diverse, senza mai abbandonare – però – la sua terra, facendosi carico degli aspetti positivi e di quelli negativi. Positive sono le materie prime che tanto abilmente riesce a rispettare, nonostante la tecnica, negative sono le conseguenze di aver scelto di aprire un ristorante in un piccolo borgo.
L’Italia dei paesi in fondo è tutta uguale, l’incapacità di apprezzare ciò che abbiamo accanto a casa nostra, la diffidenza di aprirsi a chi fa scelte inusuali, a chi viene dal campanile affianco…quello contro cui giocavamo a calcetto da ragazzi. Piccolezze, comunque, rispetto alla sua cucina che lo hanno portato ad avere molte soddisfazioni.
Nel 2004 Pisaniello (facciamo prima a chiamarlo per cognome, dunque) sbarca a Nusco e dedica il suo ristorante a suo figlio Umberto (Bu). Cura la location, s’organizza una bella cantina, imbandisce una grande cucina a vista assieme alla sua compagna di lavoro e di vita Jenny.
Ma andiamo alla cena per 4, lungo cui ha salterellato tra la cucina e il nostro tavolo. Prima d’ogni cosa bollicine rosè (purtroppo non meridionali) e piccole leccornie salate: grissini con cicoli e semi di girasoli, bruschettine con pomodori e verdure e chiacchiere.
Così mentre ci tiene buoni è alle prese con l’antipasto:
– Ricotta fritta in salsa di broccoli
– Hamburger crudo di podolica con maionese agli agrumi e verdure croccanti
– Zuppa di patate di montagna e funghi porcini
In generale tutti piatti abbastanza delicati, nonostante il fritto del primo caso, freschissimi, profumati, complessi ma riconoscibili, il che resta sempre un grande merito. Nonostante io mi sia personalmente astenuta dalla carne cruda, i commenti al tavolo sono stati più che positivi. Morbida, delicata e perfettamente bilanciata con il letto di maionese. La zuppa è quella che ho apprezzato meno, pur amando molto sia le patate che i funghi. Un pochino pesante, oleosa, forse andrebbe mangiata in minor quantità o accompagnandola con al max un altro piatto.
Infatti va detto che a differenza di quanto accade spesso nei ristoranti più importanti, qui le porzioni sono generose al punto giusto.
Andiamo ai primi piatti:
– Ravioli ripieni di patate di montagna e accompagnati con del tartufo bianco piemontese
– Cavatelli con salsiccia e broccoli
Apprezzati i ravioli, deliziosi i cavatelli. Un piatto di tradizione, sapori riconoscibilissimi ad ogni meridionale che si rispetti, ma elegante e pulito. Da provare assolutamente.
Un secondo per tutti:
– Maialino con mela annurca ed una manciata di pistacchi
Delicatissimo e sorprendentemente morbido, anche se sarebbe stato più apprezzato se non avessimo già finito fino all’ultimo boccone tutti i piatti precedenti. Inutile sottolineare l’utilizzo attento dei prodotti locali e di stagione, una condizione necessaria a rendere questo ristorante conosciuto ed apprezzato in tutta Italia.
E per chiudere non rinunciamo ad assaggiare due dolci, accompagnati anche ad una interessante piccola pasticceria:
– Frolla con melannurca
– Mousse di cioccolato bianco e fragole con base croccante
Anch’essi buoni, bilanciati e di territorio. C’è poco da aggiungere, si tratta di un ristorante che offre una cucina rivisitata e che si basa su prodotti di eccellenza, che merita una visita ed anche la sua fama. Inoltre interessante la carta dei vini, parecchio consistente, che trova concretezza a due passi dal ristorante dove si trova la cantina.
Spazio per tutte le regioni d’Italia ed anche per la Francia, anche molto champagne, vista la passione dello chef. “Ne ordinano poco” – commenta Pisaniello – “ma anche lo chef ha diritto a scegliere una bottiglia ogni tanto!”.
Nusco è un piccolo borgo che permette anche una piacevole passeggiata tra i suoi vicoli post-cena, anche se in questo caso alle donne consiglio di evitare i tacchi troppo alti e stretti.
Pisaniello è una forza della natura, i suoi occhietti vispissimi e attenti lasciano immaginare una instancabile curiosità ed un’altrettanta voglia di fare. Difatti ci racconta anche dei progetti futuri, vorrebbe tornare a lavorare a Montemarano, suo paese natale, dove regna la tarantella e l’allegria. Un ritorno in un posto dove per anni ha lavorato a “Il Gastronomo” ristorante ancora funzionante e di famiglia. Il motivo? Avere un po’ di spazio in più, non sentirsi più un “forestiero” e poi – forse – il bisogno di rinnovamento che lo accompagna da sempre!
Non so se quando andrete alla Locanda incontrerete Tonino o Antonio, poco importa. In entrambi i casi non c’è da preoccuparsi per il cibo…mi sa che sanno cucinare entrambi!
***Un occhio al conto: un pranzo o una cena completa va dai 50 ai 70 euro all’incirca, vini esclusi.
Antonella Petitti