Del rosato abbiamo già scritto nello scorso post e ci è servito a introdurre l’argomento della stagione: cosa beviamo d’estate, con il caldo che finalmente si annuncia dopo il maggio più freddo e piovoso del secolo?

Avevamo messo le prime bottiglie in frigo da stappare in terrazza o in giardino per la festa di inizio estate, invece abbiamo tirato fuori di nuovo le bottiglie di rosso da portare a temperatura ambiente per accompagnare i piatti di carne.
Ma certamente il bianco, fermo o frizzante, è il vino estivo per eccellenza. E’ fresco, arrivi a berlo quasi gelato da frigo e da secchiello coi cubetti di ghiaccio, ma attenzione: mai metterli dentro al bicchiere, come se fosse un long drink da cocktail.

Il Prosecco va bene tutto l’anno da solo o mescolato all’Aperol, accompagnato agli stuzzichini che – ne mangi così tanti – che dopo ti passa l’appetito.

Il Prosecco è il faro dell’esportazione italiana di vino nel mondo, ne vendiamo una quantità incredibile di bottiglie, il successo è tale che l’areale di produzione si è esteso dall’originario Veneto al Trentino ed al Friuli, al punto che si racconta che persino i giardini di casa sono stati  trasformati in vigne di Glera (il vitigno da cui viene il Prosecco), tanto il ricavo è assicurato dovunque tu allevi le piante.
Il fiume di Prosecco parte dall’Italia nordorientale verso tutte le località del mondo, il suo successo è universale e questo ci fa commentare “tanto di cappello” ad un prodotto di felice impatto commerciale.

Il guadagno spinge produttori a affinare il vino con lavorazioni attente e lunghe, alcuni tentano la via del metodo classico e del millesimato, il rabbocco con la stessa annata di origine della partita.

Il segreto del Prosecco sta nella sua immediatezza, lo bevi senza mediazioni e senza starci troppo a pensare.

La parola “prosecchino” è entrata nell’uso corrente proprio perché non lo chiami col nome dell’etichetta, né chiedi anno e zona di produzione, lo bevi come se fosse una bevanda frizzante (solo che è alcolica a differenza) di quelle di maggiore diffusione.

Mai chiederesti al barista di servirti la Coca di una certa annata e di un certo produttore, è la stessa sempre e in qualsiasi bar, anche se prodotta lontano dagli Stati Uniti.
Così il Prosecco, che è il nome proprio di un vino, è diventato il nome generico dell’aperitivo da bere in compagnia (e anche da sola se hai una pausa nello studio e nel lavoro).

Lo accompagni con piccoli cibi che variano dalle patatine alle noccioline salate, dai mezzi panini con salame e salmone fino alle pizzette, alle porzioncine di parmigiana e gattò di patate.

Dalle nostre parti arricchiamo lo spuntino trasformando l’apericena, altra nuova parola del vocabolario dei perditempo, in un vassoio di assaggi di prodotti nostrani, l’anticipo di quello che vorremmo poi consumare alla vera cena, se riusciremo ad arrivarci con una traccia di appetito.

L’estate il problema si pone meno, l’orologio è spostato verso le ore notturne quando il caldo si allenta ed è piacevole starsene all’aperto.
Il successo del Processo trascina le nostre esportazioni col limite del modesto valore individuale, nella corsa allo Champagne restiamo indietro.

Una bottiglia francese di base vale quanto dieci bottiglie italiane, per non parlare delle francesi di alta gamma che sono inarrivabili per i nostri concorrenti.

Il successo arride a questa uva fortunata e noi la festeggiamo non con l’anonimo “prosecchino” ma cominciando a indicare l’etichetta e non una qualsiasi, per favore non quelle dal prezzo così basso sullo scaffale che non ripaga nemmeno il costo del vetro e del tappo.

 

Francesca Carracino

Rispondi

Please enter your comment!
Please enter your name here