Nel secolo XIX si interessò di cucina il duca Ippolito Cavalcanti di Buonvicino, nato ad Afragola nel 1787 da una famiglia nobile che è parso discendesse da quel Guido Cavalcanti amico di Dante e poeta del “dolce stil novo”.

Egli possedeva a Napoli un magnifico palazzo gentilizio in Via Toledo. Il Duca aveva due hobbies in particolare, quello della cucina e quello del bigottismo, che coltivava con egual passione.

Infatti oltre allo splendido trattato gastronomico famosissimo, intitolato “La Cucina Teorico pratica” del 1837 nella sua prima edizione, egli scrisse anche due libricini a carattere religioso, che vollero dettare regole precise in materia di riti sacri.

Il duca si manteneva perfettamente al corrente del calendario delle funzioni che si preparavano nelle chiese napoletane: non c’era novena o giorno in cui un Ordine religioso o un parroco festeggiava un santo patrono o un santo fondatore che potesse sfuggirgli.

Il Cavalcanti in queste occasioni era prodigo di consigli per la preparazione delle vivande che si dovevano servire per i pranzi che naturalmente concludevano i festeggiamenti. Egli soleva mandare delle ricette scritte che poi confluirono tutte in gran quantità nel suo celebre trattato.

La Cucina Teorico Pratica ebbe diverse edizioni, circa dieci e questo testimoniò la sua ingente fortuna. Il Duca suddivise il manuale in due parti, cosa inusuale ai suoi tempi, di cui la prima sezione venne redatta in lingua italiana, per nobili e ricchi borghesi e la seconda fu scritta in dialetto napoletano, per il popolino e la borghesia.

Ippolito aggiunse in dialetto napoletano anche dei piatti per le ricorrenze importanti dell’anno (seconda edizione del 1839, con l’appendice Cusina casarinola co la lengua napolitana). Le ricette che egli propose erano intrise di ingredienti “alla francese”, poiché era di moda la cucina d’oltralpe, ma il duca fu anche uno dei precursori di piatti tipici napoletani in uso poi presso i ceti di bassa estrazione sociale.

MELANZANE FARCITENell’edizione del 1839 vi fu anche una versione del ragù napoletano e soprattutto la più antica ricetta degli spaghetti al pomodoro di cui si abbia traccia e del tradizionale sartù di riso.

Il duca morì nel 1859, lasciando ai posteri un grande fardello, quello della meravigliosa arte di cucinare i piatti della tradizione napoletana. Si riportano qui alcune ricette del Cavalcanti:

Milinsane farsite
Prendi dodici milinsane, non molto grandi, ne toglierai una parte dello sterpo, con quelli estremi che vi sono attaccati; con il coltellino adatto ne toglierai con diligenza li sterpo, però a forma di turaccio, che terrai in disparte per servirtene al suo tempo; vuoterai le milinsane de loro semi, riempendole con farsa di pan gratto, origano, olive, ed alici salse e le farai cuocere con salsa di pomidoro con oglio.

Gattò alla crema di caffè
Il gattò può farsi in varie maniere, cioè o farsi la dose di pan di spagna, versarla, o in una forma tonda di carta, o in una casseruola unta, appena di butiro, e cuocere il detto gattò. Lo sformerai facendolo raffreddare, e ci farai un buco nel mezzo togliendone quasi tutta la mollica. In quel buco ci porrai la crema che ti piace o sola, o la mescolerai con quella mollica che ne avrai tolta.

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