“Il tempo è qualità”. Eccolo, il grido di battaglia di Giovanni Bonotto, che insieme al fratello Lorenzo, è titolare della “Fabbrica Lenta” a Molvena, in provincia di Vicenza. Conduce una battaglia forte, per il recupero di tradizioni e lavorazioni tessili ormai dimenticate.

200 addetti e 37 milioni di fatturato solo nel 2009, il lavoro della sua azienda verte sulla produzione di tessuti artigianali “fabbricati” con vecchi telai e macchinari degli anni ’50.

Acquista quelli dismessi di fabbriche abbandonate e li fa adattare alle norme di sicurezza sul lavoro imposte dalle normative vigenti per rimetterli in funzione e produrre tessuti artigianali. Il risultato finale, naturalmente, parla da sé: ha qualcosa in più, è diverso da quello dei telai industriali, veloci e costretti ad eliminare ogni differenza.

Un particolare dei tessuti

Bonotto stesso lo definisce così: “Il tessuto che se ne ottiene possiede qualità difficili da quantificare ma perfettamente percettibili. E’ la stessa differenza che c’è tra una fotografia fatta con il flash e una fatta con la luce del sole.”

La sua azienda è diventata negli ultimi anni un punto di riferimento per famose case di moda, come Prada, Hermes, Armani, Louis Vuitton, Ives Saint Laurant, i cui stilisti pur non sapendo a volte cosa cercano realmente, trovano nei sui filati la materia che interpreta la loro personalità o il loro gusto.

Oltre a questo grande successo, Bonotto esporta tessuti anche per il Portogallo e l’Uruguay ed ha presentato alla Biennale di Venezia nel 2009 la sua prima borsa, in tiratura limitata, disegnata da Yoko Ono.

Questo gennaio, la Fabbrica Lenta è stata ospite alla 18esima edizione di Pitti Uomo a Firenze, una delle più grandi fiere internazionali della moda maschile, durante la quale è stato riservato a Bonotto il ruolo di apripista del progetto Italian Handscapes, programma che si svilupperà nelle prossime edizioni della manifestazione.

La sua area è stata trasformata dalla designer spagnola Patricia Urquiola in una sorta di grande cucina dove accanto ai macchinari erano posati sacchi di mirtilli, caffè, tabacco e foglie di amarone. Incentivare alla produzione di tessuti artigianali, certo, ma aprire anche la strada a colori e profumi naturali, dimostrazione che Bonotto ha dato con cinque ricette.

La “Ribollita di lana di pecora nera ai mirtilli” nasce dalla fusione della lana di pecore armene insieme ai mirtilli rimasti dal processo di lavorazione della marmellata Rigoni di Asiago.

Accanto a questa, il vello dello yak tibetano bolliva insieme al caffè Illy, così come la lana dei cammelli albini insieme al cacao Domori e il pelo delle lepri della Patagonia assumeva il sentore del tabacco dei sigari toscani.

Questi progetti tuttavia, sono realizzabili solo in accordo con gli equilibri della natura: i cammelli albini ad esempio, sono solo 700-800 al mondo; per la lepre della Patagonia esiste un accordo con il governo argentino secondo il quale i forestali, dopo aver pettinato gli animali, li rimettono in libertà.

Un messaggio forte quello impregnato nei tessuti della Fabbrica Lenta, è un invito a rivolgerci al passato, all’acquisto magari, di pochi pezzi ma buoni e a rivalutare quel Made in Italy ormai completamente sopraffatto dal Made in China.

Vestire eco-sostenibile non significa dover rinunciare a stile ed eleganza, perché griffe o non griffe, la Fabbrica Lenta è la prova vivente che produrre e acquistare capi in modo più consapevole non è una missione impossibile.

Federica Caiazzo

autrice del blog Fashion Collision

 

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