Quando ci si comincia a porre delle domande su ciò che mangiamo, cambia tutto. Di fronte a noi si apre un mondo nuovo, consapevole, che ci rende non solo dei consumatori, ma partecipatori attivi.
Forse è in questo momento che, anche chi non amava farlo, comincia a produrre da sé parte di ciò che mangia.
Il problema – dunque – è iniziare ad analizzare la materia prima.

Stavolta oggetto della mia ricetta sono i lieviti che usiamo in casa, lasciando da parte il livieto madre e gli eroi che sono capaci di allevarne uno in casa.
Ecco che la schiera si riduce e di fronte a noi troviamo il panetto di lievito di birra (che ci aiuta nelle pizze e nel pane casalingo) e l’agente lievitante (classica bustina che utilizziamo quando realizziamo torte e dolci simili).
Il lievito di birra, noto anche come Saccharomyces cerevisiae, è un organismo unicellulare appartenente al regno dei funghi. Sono abbastanza conosciute le sue proprietà e i benefici che può apportare al nostro organismo.
Straordinario supporto per molte problematiche relative alla pelle e ai capelli, sostegno per la flora batterica, fonte importante di vitamine e sali minerali.
L’unico consiglio in merito è quello di ridurne la quantità utilizzata, investendo di più nel tempo di lievitazione. Ne guadagneremo in leggerezza.
Per mezzo chilo di farina può bastare mezzo cubetto, non temete di lasciar lievitare l’impasto a lungo (io ho avuto buoni risultati con 6/7 ore, se fa molto caldo ne basteranno 4/5). E comunque questo è un campo in cui la sperimentazione è aperta, ognuno a lungo andare trova il suo equilibrio tra quantità di lievito ed ore di lievitazione.
Arriviamo così a quello che volgarmente viene definito lievito chimico. In genere, anche se il nome potrebbe spaventare, è composto da una parte alcalica ed una acida. La prima è composta quasi sempre da bicarbonato di sodio, la seconda può variare e contemplare polveri tipo il bitartrato di potassio o acido tartarico.
Insomma, detta così – in effetti – si comprende che le bustine di agenti lievitanti già pronta non sono questo gran nemico, se non fosse che in molti casi vi si aggiungono conservanti e che le miscele possono non risultare così chiare. Ecco che scegliere uno specifico sale o agente lievitante, significa controllare più attentamente la materia prima che entra nella nostra cucina.
Il vero problema esiste per chi è intollerante al lievito o comunque subisce le conseguenze di una cattiva lievitazione: dalla stitichezza al meteorismo, gonfiori o colite. In questo caso è bene affidarsi al lievito madre, sempre più digeribile.
Nell’impegno ad evitare il più possibile prodotti industriali, le bustine di agenti lievitanti possono essere sostituite in maniera semplice.
In generale potrebbe andar bene utilizzare il bicarbonato di sodio con una componente acida come del succo di limone, dell’aceto bianco, dello yogurt o altri fermentati. Ovvio che se quest’ultima componente è già presente, non è necessario aggiungerne ulteriormente.
Lo chef Angelo Borghese, anche ottimo pasticcere, ci consiglia di utilizzare bicarbonato e yogurt. “Per dosi relative a mezzo chilo di farina, considerate 125 gr. di yogurt e 15 gr. di bicarbonato. Per impasti più pesanti, come ciambelle ad esempio, raddoppiate le dosi sottraendo circa 100 grammi di liquidi. Qualora l’impasto preveda le uova potete anche ridurre la quantità di bicarbonato scendendo a 5 grammi per 250 grammi di farina. I metodi per evitare il lievito, laddove è possibile, sono comunque molti. C’è chi aggiunge a fine lavorazione l’albume montato a neve”, ci spiega Borghese.
Abitudine più americana, l’alternativa è data dal cremor tartaro (o bitartrato di potassio) in aggiunta al bicarbonato. Una miscela vera e propria per sostituire la preconfezionata.
Ma per fare un classico pan di Spagna il lievito non è necessario. Lo sottolinea il pasticcere Emilio Soldivieri, “se utilizzate ottima materia prima e lavorate a dovere l’impasto, inglobando aria, il risultato sarà ottimo anche senza aggiungere lievito”.
Insomma, la buona volontà e la voglia di sperimentare restano condizioni necessarie per trovare i propri equilibri anche in tema di dolci casalinghi. La scoperta più importante, che si rivela a chi osa porsi domande, è che in cucina tutto è sostituibile e soprattutto che possiamo fare a meno dell’industria agroalimentare. Sempre a patto di volerlo…

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