La necessità di una regolamentazione

La necessità di regolamentare il settore vitivinicolo ed in particolare quello della produzione dei vini di pregio, tipici o di territorio, nasce dopo la prima guerra mondiale. Prima di allora infatti la tutela di queste produzioni era affidata a norme di carattere generale.

Nel 1920 il problema venne posto allo studio di un’apposita Commissione ministeriale. Nel 1921 un gruppo di parlamentari, guidato dall’onorevole Arturo Marescalchi, enologo, fondatore nel 1891 della Società degli Enotecnici Italiani, progenitrice dell’attuale Associazione Enologi Enotecnici Italiani – Organizzazione nazionale di categoria dei tecnici vitivinicoli – Assoenologi, presentò alla Camera il primo progetto di provvedimento per la produzione dei “vini tipici” che venne approvato dopo tre anni con il Regio decreto 7 marzo 1924 n.497 dal titolo “Disposizioni per la difesa dei vini tipici”, convertito in legge il 18 marzo 1926 con il n. 562.

Questo provvedimento fu perfezionato da alcune ulteriori normative che vennero codificate nel 1930 e riunite nella Legge n. 1164, promulgata lo stesso anno.

In seguito a queste disposizioni sorsero anche i primi Consorzi di tutela e precisamente quello del Moscato di Pantelleria, del Marsala, del Moscato d’Asti e dell’Asti Spumante. Per altri vini si delimitarono e riconobbero le rispettive zone di produzione. Cosa che avvenne per l’Orvieto, per il Soave, per i vini tipici dell’Alto Adige, per quelli dei Castelli Romani, per il Sansevero bianco e per il Barbaresco.

Questo primo approccio fece emergere diversi problemi che resero necessaria l’emanazione di un’altra legge, più ampia e affinata, approvata nella primavera del 1937 con il n.1266 recante “Provvedimenti per la viticoltura e la produzione vinicola” che comprendeva anche la “Disciplina della produzione e del commercio dei vini pregiati di determinata origine”.

Un vuoto legislativo durato 27 anni

Purtroppo questo provvedimento non è mai entrato in essere in quanto carente dei regolamenti attuativi. Esso fece però non pochi danni visto che con la sua promulgazione venne contestualmente abrogata la normativa del 1930.

 Da qui lo scioglimento dei Consorzi di tutela, l’annullamento delle delimitazioni territoriali e via dicendo. In pratica il settore ritornò alle posizioni di partenza e dal 1937 l’Italia rimase senza una legislazione che tutelasse i vini tipici, pregiati o d’origine.

Tutto questo nonostante la necessità di salvaguardare l’immagine dei vini italiani di una certa rinomanza dalle contraffazioni. Non vi era convegno in cui non riecheggiasse l’eco di tale esigenza ed in cui non emergevano nuove idee su come organizzare il nostro settore vitivinicolo.

Questo vuoto legislativo aprì un ampio confronto, durato ventisette anni, che portò a mille discussioni, centinai di convegni e innumerevoli proposte. In questo contesto prese piede la convinzione che non era più il caso di parlare di “Vini tipici” per non correre il pericolo di annoverare fra questi anche gli Ibridi produttori diretti in generale ed il Clinton in particolare, che allora in diverse zone era “il più tipico dei vini”.

Molti dubbi furono avanzati anche sulla menzione “Vino di pregio”, ritenuta troppo generica e non legata al territorio di produzione. Prese quindi piede il concetto di privilegiare “l’origine” del vino, ossia la sua sinergica armonizzazione con il territorio, la sua cultura e le sue tradizioni.

Le basi per una normativa comunitaria

Nel 1957 con il Trattato di Roma, si parlò quindi di “Vini a denominazione di origine” e si gettarono le basi per una regolamentazione europea dell’intero settore vitivinicolo.

Quanto ipotizzato con il Trattato di Roma trovò la sua convalida ufficiale nel norma comunitaria 4 aprile 1962. Anche se questo documento non riguardava solo il vino, ebbe un impatto fondamentale per il rinnovamento del comparto. Esso infatti per la prima volta parlò di “Vini a denominazione di origine”, divenuti poi “Vini di qualità prodotti in regioni determinate” ossia Vqprd ed oggi Dop “Denominazioni di origine protette”. Inoltre getto le basi dell’impostazione della politica vitivinicola comunitaria, prevedendo già d’allora: il catasto viticolo, la denuncia annuale della produzione e delle giacenze, la compilazione annuale di un bilancio delle disponibilità e del fabbisogno, nonchè la costituzione di un Comitato di gestione comunitario al fine di dare attuazione a quanto sopra sintetizzato.

Il varo dello storico Dpr 930/63

Da qui l’impegno del Governo italiano a varare in tempi brevi una normativa sui vini a denominazione di origine che venne promulgata con lo storico Dpr 12 luglio 1963 n. 930, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 188 del 15 luglio 1963, grazie alla perseveranza e alla competenza del Senatore Paolo Desana.

Il “Comitato nazionale per la tutela e la valorizzazione delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche dei vini”, più noto come “Comitato nazionale vini” fu istituito un anno dopo e più precisamente il 24 aprile 1964. Primo presidente fu il prof. Giovanni Dal masso che dopo due anni passò il testimone al senatore Paolo Desana.

L’articolato del Dpr 930 venne riscritto nel 1992 secondo la legge 164. Normativa che dopo diciotto anni, principalmente per l’entrata in vigore della nuova Organizzazione comune di mercato del settore vitivinicolo (Ocm vino) è stata emendata secondo il decreto legislativo 61/2010, pubblicato sulla Gazzetta ufficiale della Repubblica Italiana il 26 aprile 2010.

Il Comitato nazionale vini

L’organismo del Ministero dell’Agricoltura prima e delle Politiche agricole alimentari e forestali oggi, con mansioni consultive, propositive e deliberative su tutti i vini designati con nome geografico è stato ed è il “Comitato nazionale per la tutela e la valorizzazione delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche dei vini”, più noto come “Comitato nazionale vini”.

Esso è stato istituito il 24 aprile 1964 sulla base di quanto sancito dal Dpr 930/63, ossia del primo importante provvedimento sulle denominazioni di origine dei vini italiani.

Dal 1964 ad oggi si sono alternati 11 Comitati. L’attuale terminerà il suo mandato nei rimi mesi del 2015. Fino al 2007 la durata in carica di ogni Comitato era di 5 anni, dal 2008 è passata a 3 anni. Prima i componenti erano rinominabili senza limiti temporali, oggi possono rimanere in carico per un massimo di 2 mandati

Fino al precedente Comitato 2008/2011 i membri del Comitato oscillavano da 28 a 39 più il presidente. Con l’entrata in vigore del decreto legislativo 61/2010 sono stati ridotti a 18 più il presidente.

Dal 1° gennaio 2012 gli scopi e i compiti del Comitato nazionale vini sono quelli stabiliti dall’articolo 17 del Dlgs 61/2010.

In questi 50 anni i Ministri dell’agricoltura hanno nominato otto presidenti del Comitato nazionale vini di cui 5 piemontesi: professor Giovanni Dal Masso, senatore Paolo Desana, enologo Ezio Rivella, senatore Tomaso Zanoletti, enologo Giuseppe Martelli, quest’ultimo, per il secondo mandato, è attualmente in carica.

La prima denominazione di origine riconosciuta dal Comitato nazionale vini è stata nel 1966 la Vernaccia di San Gimignano. Le prime tre Docg, “Barolo”, “Brunello di Montalcino” e “Vino Nobile di Montepulciano” vennero approvate contempora-neamente con Dpr 1 luglio 1980.

Rispondi

Please enter your comment!
Please enter your name here