Gragnano è una popolosa città di 30.000 abitanti famosa da ben quattro secoli per la produzione della pasta, probabilmente ancora oggi la più rinomata d’Italia e quindi, implicitamente, del mondo.
Una produzione che si vede e respira ad ogni angolo di strada, sulle insegne delle botteghe, sulle facciate degli stabilimenti di produzione, ben diciassette, che avendo ancora un carattere artigianale o semiartigianale, si trovano per buona parte nell’ambito del centro cittadino.

Dove nasce la vocazione di Gragnano per la produzione di pasta?

Per capirlo dobbiamo attraversare tutta la città e imboccare la strada della Valle dei Mulini per effettuare quello che sicuramente è anche il percorso storico-naturalistico più affascinante dell’intero territorio di Gragnano.
Un percorso che si snoda per poco più di due chilometri e si può effettuare comodamente in macchina, ma per chi volesse assaporare in pieno questa straordinaria unione simbiotica tra storia e natura si consiglia di effettuare la passeggiata a piedi.

Alla scoperta della Valle dei Mulini

La cosa più straordinaria è che il passaggio dalla caotica Gragnano a questa amena e silenziosa vallata è immediato, quasi si passasse d’incanto da un mondo ad un altro di segno opposto. Si abbandona l’intenso traffico del centro storico, e un istante dopo si percorre la strada che costeggia il torrente Vernotico, su cui scende a cascata dai due lati della forra una rigogliosissima vegetazione spontanea, mentre l’unica cosa ad interrompere il silenzio che aleggia ovunque è il canto dei numerosi uccelli che qui vivono indisturbati.

Facendo indietro un salto nel tempo di oltre sette secoli, andiamo agli anni tra il 1266 e il 1272, quando nel territorio della valle, lungo la quale passava una mulattiera che congiungeva Amalfi a Castellamare di Stabia, fu data la concessione per la costruzione di alcuni mulini per la macina del grano, in vicinanza del piccolo borgo di Gragnano. Per quest’attività veniva sfruttata l’acqua del torrente Vernotico, alimentato dalle sorgenti della Forma.

I mulini gragnanesi si differenziano dagli altri per la presenza di ruote orizzontali e non verticali, dato che il Vernotico era un torrente che aveva un flusso non costante; l’acqua, dopo essere stata canalizzata, veniva accumulata in una torre e quindi la pressione esercitata e l’energia cinetica permettevano di far muovere la macina; spesso esisteva anche un’altra torre che fungeva da volano. Il grano veniva poi macinato da due ruote in pietra e la farina ottenuta cadeva direttamente nei sacchi.

La farina di Gragnano era di qualità superiore perché manteneva intatte tutte le proprietà organolettiche, grazie alla bassa velocità del movimento delle macine e del conseguente scarso surriscaldamento.
La farina di Gragnano era ricercatissima e ben presto i mulini iniziarono a rifornire in maniera sempre più abbondante la città di Napoli che, all’epoca, era una delle più grandi del mondo.

Oggi questi mulini, ben dodici, di cui alcuni sotto forma di antiche rovine avviluppate romanticamente dalla vegetazione, altri riportati all’antico splendore grazie alla lodevole iniziativa di gruppi di volontari, sono ben visibili e in parte visitabili.

Dalla produzione della pregiata farina a quella della pasta il passo fu breve e progressivamente Gragnano si adattò, anche urbanisticamente, al ruolo di capitale della pasta.
Per rendersene conto bisogna attraversare lentamente via Roma dove, lasciate alle spalle le sgraziate costruzioni degli anni Settanta, la città inizia a cambiare volto con gli edifici del centro storico. Per quanto talvolta mal conservati, sui due lati della strada si affacciano palazzi del Sette-Ottocento, portoni antichi con portali di pregio, da cui spesso s’intravedono vecchie corti spagnole e scaloni monumentali, insegne di antichi opifici, facciate in stile liberty sbiadite dal tempo e, naturalmente, piccole botteghe e negozi eleganti in cui si vende la pasta.

Percorrendo via Roma si faccia caso a due particolari: in due tratti la strada si allarga a mo’ di piazza allungata, e l’orientamento dell’asse viario è in senso nordovest-sudest. In origine questi tratti più ampi non esistevano, furono realizzati ad arte facendo arretrare la linea dei nuovi edifici in cui avevano sede i circa quaranta pastifici presenti all’epoca, perché serviva lo spazio antistante per farla asciugare.

L’essiccazione della pasta in strada

L’orientamento della strada è in perfetto asse con l’andamento delle brezze termiche, dal mare verso la montagna e viceversa, realizzando così una naturale ventilazione continua che favoriva il processo di essiccazione della pasta stesa ad asciugare negli slarghi della strada.
L’antica vocazione viene ricordata nello stemma cittadino da oltre cinquecento anni, come si vede in un affresco d’inizio Cinquecento visibile nella piccola Capella della Madonna delle Grazie, dove è raffigurato il più antico stemma civico di Gragnano: un mazzo di spighe strette in un pugno inserito in un cartiglio con nastri svolazzanti.

Fino al Seicento la pasta era un alimento poco comune, ma dopo la carestia che colpì duramente il Regno di Napoli ci si rese conto che la pasta era una soluzione ideale per sfamare le famiglie a basso costo con un alimento di grande valore nutrizionale che poteva essere conservato per lungo tempo.
Un’ulteriore spinta alla produzione della pasta, che già proveniva principalmente dalla Costiera Amalfitana, da Napoli e Gragnano, si ebbe dopo la moria dei bachi da seta che vi fu nel 1783.

Re Ferdinando II e il suo amore per la pasta

Tutti gli opifici che fino a quel momento erano stati attivi nella produzione della seta, vista anche la crescente richiesta, si riconvertirono nella produzione della pasta che raggiunse il suo periodo aureo nell’Ottocento. La qualità della pasta gragnanese trovò un importantissimo riconoscimento dal re Ferdinando II che, dopo averla assaggiata, stabilì nel 1845 che tutte le paste lunghe consumate alla corte dovessero provenire dalle fabbriche di Gragnano.

In breve tempo i pastifici della città diventarono più di cento, tanto che gran parte della popolazione in età di lavoro era impiegata nella sua produzione. Le trasformazioni urbanistiche sopra citate avvennero proprio in tale epoca, strade e piazze erano invase di stenditoi per ziti e vermicelli e gli “aizacanne” erano in perpetuo movimento.

L’Unità d’Italia e la pasta

L’unificazione d’Italia spalancò le porte a nuovi mercati nelle regioni settentrionali, soprattutto a Firenze, Torino e Milano.
Con l’arrivo dell’elettricità nelle fabbriche moderni macchinari sostituirono i vecchi torchi usati fino a quel momento, ma permisero anche la creazione di numerose fabbriche al Nord che, con maggiori capitali a disposizione, misero rapidamente in crisi i produttori gragnanesi, tanto che nel 1980 si contavano solamente più otto produttori all’interno della città.
Intraprendenza, coraggio e lungimiranza hanno successivamente fatto rifiorire la produzione, raddoppiando il numero di stabilimenti e riguadagnando la meritata fama di Città della Pasta, con la realizzazione di un prodotto di elevatissima qualità oggi conosciuto in tutto il mondo.

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