SALERNO. In merito agli articoli apparsi sulla stampa locale relativamente alle dichiarazioni del Presidente dell’Associazione Nazionale Industriali Conserve Alimentari Vegetali, Annibale Pancrazio, sulla questione del pomodoro, Coldiretti Salerno intende contribuire alla chiarezza della questione posta in essere.

La produzione nazionale interessa circa ottomila aziende agricole italiane che su 85mila ettari di terreno coltivano pomodoro da destinare alle 173 industrie nazionali dove trovano lavoro 20mila persone. La produzione nazionale che quest’anno è stimata in calo del 10% e di buona qualità ma nonostante ciò le industrie continuano a non ritirare il prodotto paventando una maggiore produzione inesistente.

Allo stesso tempo dall’inizio del 2010 abbiamo assistito all’ingresso sul territorio nazionale di ben 82 milioni di Kg di pomodoro concentrato proveniente dalla Cina, il concentrato cinese rappresenta la prima voce dell’export in Italia. Tutto l’export agroalimentare italiano in Cina non raggiunge l’1/3 del solo quantitativo di concentrato di pomodoro che annualmente entra in Italia.

Dalle navi sbarcano fusti di oltre 200 chili di peso con concentrato da rilavorare e confezionare come italiano poiché nei contenitori al dettaglio è obbligatorio indicare solo il luogo di confezionamento, ma non quello di coltivazione del pomodoro.

Ogni giorno in media arrivano nei porti italiani oltre mille fusti di concentrato di pomodoro dalla Cina che finisce sulle tavole mondiali come condimento tipico dei piatti Made in Italy.

Una situazione insostenibile per i consumatori e i produttori del Made in Italy (agricoltori, cooperative e principali industrie sane italiane)  che provoca danni economici diretti e di immagine al prodotto “nostrano” sul quale pesano gli effetti di una concorrenza sleale dovuta a situazioni di dumping sul piano sanitario, ambientale e sociale.

Se gli standard sanitari sono diversi rispetto a quelli dell’Unione Europea, la produzione in Cina sembra essere anche realizzata con sfruttamento del lavoro forzato dei detenuti da parte di molte imprese cinesi impegnate nell’export alimentare, secondo la denuncia Laogai National Foundation.

La Cina ha iniziato la produzione di pomodoro nel 1990 e oggi rappresenta il terzo bacino di produzione dopo Stati Uniti e Unione Europea, con circa la metà del concentrato esportato proprio in Italia.

La produzione cinese di concentrati di pomodoro è localizzata nei territori di Junggar e Tarim, nella regione di Xinjiang, a nord-ovest del Paese nei pressi del confine con il Kazakistan dove operano due grandi gruppi: Tunhe, che opera dal 1993 e Chalkis Tomato.

Non mancano i casi di vere e proprie clonazioni di marchi italiani con confezioni di concentrato di pomodoro identiche a quelle originali prodotte in Italia con tanto di marchio commerciale, bandiera tricolore e scritte in italiano prodotte in Cina e commercializzate sui mercati internazionali con grave danno per l’immagine del Made in Italy.

Le scatole contraffatte sono in tutto e per tutto uguali a quelle originali (colorazione, scritte, marchio, codice a barre). Il prodotto è venduto in scatole da 400 e da 2200 grammi come doppio concentrato (28 per cento) con la scritta “100 per cento prodotto italiano” e il pomodoro è l’unico ingrediente riportato in etichetta.

Se l’aspetto esteriore del clone prodotto in Cina è identico, profondamente diverso è il contenuto in quanto il pomodoro, secondo le analisi, sarebbe presente soltanto in tracce, mentre la gran parte del prodotto sarebbe costituito da scarti vegetali di diversa natura, quali bucce e semi di diversi ortaggi e frutti. Le analisi chimiche hanno rilevato livelli di muffe che eccedono i limiti di legge previsti dalla legislazione italiana.

Un esempio è offerto dal pomodoro che viene commercializzato con il marchio SALSA®, di proprietà della C.E.C. (Centro Esportazioni Conservati S.r.l.) di Nocera Superiore (Salerno), ma viene prodotto dall’A.R.P., Agricoltori Riuniti Piacentini, di Gariga di Podenzano (Piacenza), organizzazione di produttori socia dell’AOP (associazione di organizzazioni di produttori) C.I.O., ovvero Consorzio Interregionale Ortofrutticoli.

Ben vengano quindi i controlli da parte dei Carabinieri dei N.A.C. e dei N.A.S, dalle A.S.L., dall’I.C.Q. e da tutti gli organi di controllo in grado di tutelare la salute, l’immagine, e l’indotto economico sano che ruota intorno al pomodoro.

Questi sono i fatti che intendiamo porre all’attenzione di Annibale Pancrazio, che può  credere di non comprenderne la rilevanza, ma certo non può sottacere che un business da oltre 2 miliardi di euro l’anno viene consumato ai danni del mondo agricolo che raccoglie non solo gli spiccioli ma anche l’ambiguità di comportamenti e di affermazioni lontane dalla trasparenza.

Continuando a voler mantenere la testa sotto la sabbia fra qualche anno l’industria italiana si troverà senza pomodoro ed in tal caso ci chiediamo cosa ci dirà l’ANICAV, associazione nazionale….

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