PALAGIANO (TA). Esattamente un anno fa Legambiente presentò un esposto alla Magistratura documentando abusi ed illeciti nella costruzione del villaggio turistico abusivo “Pino di Lenne”, in località Palagiano.

 

Vari esposti erano stati presentati nel corso delle opere da Legambiente, sollecitando le autorità comunali e la Procura, ma il completamento dell’ecomostro è proseguito passando sotto il nome di “Club Magic Garden”, quasi che bastasse la trasformazione in club privato per legittimare l’intervento, sanare gli abusi e superare l’ostacolo della Magistratura. Uno scempio sotto gli occhi di tutti, ma denunciato solo dagli ambientalisti, mentre gli organi comunali e deputati alla vigilanza del territorio restano inermi. L’area è considerata un’inestimabile bene naturalistico, sottoposto a diversi vincoli:

 

1.         Sito di Importanza Comunitaria (S.I.C.) denominato Pinete dell’Arco Jonico, DM 03.04.2000,);

 

2.         In aderenza alla Riserva Naturale Biogenetica ex D.M. 6 luglio 1977;

 

3.         inserito nella scheda B8 della L.R. 19/97 che ha pertanto individuato la zona come Area Naturale Protetta Regionale destinata all’istituendo “Parco Regionale delle Pinete dell’Arco Jonico”;

 

4.         Zona Boscata assoggettata a divieto assoluto di edificazione (art. 3.10 NTA del PUTT);

 

5.         Area classificata AP – ad alta probabilità di inondazione – dal PAI adottato dal C.I. Puglia con delibera n° 25/2004; l’area, infatti, è situata ad immediato ridosso del Fiume Lenne-Lama di Lenne e del Canale Marziotta;

 

6.         Destinazione urbanistica “ZONA E agricola”.

 

Inoltre, il villaggio è inserito nella Pineta costiera, che comprende il Grande Pino d’Aleppo, vero e proprio monumento naturale censito nel Registro dei Grandi Alberi (400 anni).

 

“Anche quest’anno abbiamo chiesto alla Magistratura un intervento immediato, deciso e risolutore – dichiarano dal circolo locale e regionale di Legambiente – che finalmente ripristini la legalità ed imponga il rispetto delle sentenze passate in giudicato da ormai 21 anni. La Puglia è la meta privilegiata per il suo turismo naturalistico, le aree protette e il mare, ma riusciamo a deturpare il territorio non solo con piccole mancanze, ma con eco-mostri che resistono nonostante vincoli ambientali e sentenze emesse dalla Magistratura. In questo modo, non forniamo una buona immagine della Puglia e dell’Italia, né dal punto di vista giudiziario, né da quello relativo al rispetto dell’ambiente. Per questo Legambiente continuerà a denunciare la vicenda finchè non sarà risolta una volta per tutte”.

 

Come si ricorderà, il villaggio, su denuncia di Legambiente, era stato riconosciuto totalmente abusivo dalla Magistratura penale con Sentenza n. 116 del 14.5.1987 del Pretore Penale di Taranto con condanna di tutti i protagonisti e condannando la stessa società, poi fallita, al risarcimento dei danni ambientali ed al ripristino dello stato dei luoghi. La procedura di acquisizione dell’area interessata e di demolizione delle opere abusive era poi rimasta sospesa, grazie ad una istanza di condono tanto assurda, quanto irricevibile, presentata il 13 gennaio 1995, ma il Tribunale civile di Taranto con sentenza n. 867 del 26.4.1995 ha sancito che, “deve ritenersi avvenuta la acquisizione al patrimonio del comune dei beni in relazione ai quali non era stato ottemperato all’ordine di demolizione.”

 

Con la Sentenza n. 3020 del 20 marzo 2007, depositata l’8.6.2007, il Consiglio di Stato aveva definitivamente rigettato il ricorso avverso il “diniego della richiesta di condono edilizio”, peraltro emesso dal Comune di Palagiano.

 

Con un’interrogazione parlamentare dell’8 marzo scorso, la vicenda è stata posta all’attenzione del Ministero dell’Ambiente e del Ministero dei Beni e della Attività Culturali.

 

Nonostante tutto questo, la partita non è ancora chiusa e Legambiente si ritrova a dover chiedere con denuncia formale al Procuratore della Repubblica di Taranto di porre fine alla flagranza di reato e di perseguire tutte le responsabilità, anche di chi ha eventualmente omesso di vigilare adeguatamente e prevenire gli scempi ambientali.

 

Al Procuratore della Corte dei Conti abbiamo chiesto di accertare e perseguire le responsabilità di chi ha omesso sinora di procedere al ristoro del danno ambientale ed ha procurato un evidente danno erariale per i ritardi nell’acquisizione di un bene pubblico ed il conseguente illecito arricchimento del privato. Per finire, al Presidente della Regione Puglia e agli Assessori all’Ambiente e all’Assetto del territorio della Regione Puglia, al Prefetto, al Questore e al Sindaco di Palagiano, abbiamo chiesto di assumere gli urgenti interventi di rispettiva competenza per assicurare l’immediato ripristino della legalità.

 

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