L’earth day 2010 arriva dopo il decennio più caldo della storia che conferma la necessità di intensificare gli sforzi per fermare il surriscaldamento globale.
E’ quanto emerge da una analisi della Coldiretti, in occasione della giornata mondiale della terra che si festeggia il 22 aprile in 190 paesi, dalla quale si evidenzia che la temperatura media globale sulla terra e sugli oceani dei primi dieci anni del terzo millennio (2000 – 2009) è stata la più elevata mai registrata con un valore di 57,9 gradi fahrenheit (14,39 gradi celsius), superiore dello 0,3 per cento a quella della decade precedente, sulla base dei dati preliminari raccolti dal NOAA’S (National Oceanic and Atmosheric Administration).
Una tendenza che – sottolinea la Coldiretti – è continuata anche nel 2010 con il mese di marzo che (tra terra e oceani) è stato il più caldo mai registrato con una temperatura di 56.3 gradi fahrenheit (13,5 gradi celsius), superiore di 0,77 gradi celsius rispetto alla media del ventesimo secolo.
Il problema del riscaldamento globale riguarda tutti ed è possibile quindi contribuire anche personalmente a fermare gli effetti disastrosi dei cambiamenti climatici con stili di vita più responsabili.
La Coldiretti ha elaborato un decalogo per consumi sostenibili dal punto di vista climatico ed ambientale che consentono di ridurre la dipendenza dal petrolio e di tagliare le emissioni di gas ad effetto serra.
Scegliere prodotti locali e di stagione, ridurre al minimo gli imballaggi, fare acquisti di gruppo, recarsi alla spesa riciclando le buste, ottimizzare il consumo di energia nella conservazione e nella preparazione dei cibi, evitare di apparecchiare con piatti e bicchieri di plastica sono, insieme alla raccolta differenziata, alcuni dei comportamenti suggeriti dalla Coldiretti.
Infatti si calcola che con semplici accorgimenti nella spesa e nel consumo degli alimenti ogni famiglia italiana può di 2mila chilogrammi (CO2 equivalenti) all’anno.
Ogni pasto percorre mediamente quasi duemila chilometri prima di giungere sulle tavole a causa della distribuzione commerciale dei prodotti alimentari, con i lunghi trasporti e le inefficienze di natura logistica, che sono tra le principali responsabili su scala globale dell’emissione di gas a effetto serra.
In Italia l’86 per cento delle merci viaggia su strada con elevati sprechi di petrolio ed emissioni inquinanti anche per effetto della progressiva crescita di cibi importati dall’estero sulle tavole a seguito della globalizzazione e destagionalizzazione dei consumi.
Un chilo di arance importate dal Brasile brucia 5,5 chili di petrolio e libera 17,2 chili di anidride carbonica in più di quelle siciliane.
Secondo una analisi della Coldiretti il vino dall’Australia per giungere sulle tavole italiane deve percorre oltre 16mila chilometri con un consumo di 9,4 chili di petrolio e l’emissione di 29,3 chili di anidride carbonica mentre le prugne dal Cile che devono volare 12mila chilometri con un consumo di 7,1 kg di petrolio che liberano 22 chili di anidride carbonica e la carne argentina viaggia per 11mila bruciando 6,7 chili di petrolio e liberando 20,8 chili di anidride carbonica attraverso il trasporto con mezzi aerei.
Sul piano operativo la Coldiretti è impegnata nel progetto per una “filiera agricola tutta italiana” che, con il coinvolgimento dei mercati di Campagna Amica, Consorzi Agrari, cooperative, agriturismi e imprese, punta a far arrivare sul mercato prodotti al cento per cento italiani direttamente dagli imprenditori agricoli.