Civettuola d’estate, struggente d’inverno. Cetara regala la sua bellezza, senza però ostentarla in maniera ridondante, a ogni turista e viandante che vi passi, per una manciata di minuti o per una visita più approfondita.

Che viene d’estate per trovare i ristoranti di pesce, le “cuopperie”, i bar vista mare, gli spaghetti alla colatura, le alici fritte, o “mbuttunate”, o in tortiera, il pesce freschissimo.

E poi il mare, le spiagge, ben nove quelle che rientrano nel territorio comunale, le passeggiate fino alla punta del molo per rimanere incantati dalle luci della sera.

Scoprire Cetara in inverno

E d’inverno il discreto silenzio dei vicoli, volte e archetti e sottopassi, i pescatori che riparano le reti, le barche immobili o ciondolanti, al riposo dall’intensa attività dei mesi caldi, i ritmi lenti che hanno preso il sopravvento, giornate talvolta gaie, talvolta dense di nuvole; ancora la passeggiata sul molo perché la bellezza del paese visto dal mare è sempre la stessa, 365 giorni all’anno.


E lo sguardo perennemente calamitato dalle due torri. Come due? Non era una? Eh, no, si guardi bene: la torre angioina, cilindrica, in basso, la torre vicereale al di sopra. Due corpi separati e uniti allo stesso tempo, di epoche storiche diverse, ma sempre con lo scopo di vegliare sull’incolumità dei suoi cittadini.

Alle origini del borgo di Cetara

Cetara è sorta dalla fusione di due piccoli nuclei abitati, Casale e Marina. Ancora oggi, visti dall’alto, si distinguono i due paesi originari, abitati forse da uno sparuto numero di persone nell’alto medioevo. In realtà a ingrossare il paese furono i Saraceni, che arrivarono nella seconda metà del IX secolo, inizialmente per depredare il territorio e creare un Ribat, un punto di partenza per le loro scorrerie, poi per rimanervi definitivamente.

Per ironia della sorte i loro discendenti furono ferocemente attaccati da altri che pure vennero dal mare. Arrivò il feroce Khair al Din, al comando di una flotta ottomana, in un funesto 21 maggio del 1534. Tanti vennero uccisi, tanti altri condotti sui mercati del Nordafrica dove vennero venduti come schiavi, qualcuno si salvò fuggendo.

Cetara è stata fatta da uomini venuti dal mare. È il paese più arabo della Costiera Amalfitana, un luogo dove si sono mescolate lingue e culture, per alcuni secoli linea di confine e di contesa tra il ducato bizantino di Amalfi e quello longobardo di Salerno.

Cetara e il mare

Cetara oggi è paesaggio, armonia col mare. Ed è paese di pescatori.
Cetara è il tonno rosso pescato in Mediterraneo aperto dalla sua importante flotta peschereccia. Non a caso il suo nome viene da Cetaria, che significa tonnara, quella fissa, che rimase attiva fino agli anni Trenta del secolo passato.

Cetara è anche pesca minuta, quella fatta con le lampare, di notte, quando il mare si popola di cento luci che attirano i pesci verso la superficie, catturati con abilità dai pescatori.

Le alici di Cetara, rinomate e prelibate. E subito cucinate. Oppure stivate in barili, sotto sale, per mesi e mesi, finché da un forellino inizia a colare l’essenza del pesce, la colatura DOP che ha il prestigioso riconoscimento solo se prodotta qui, nel piccolo comune rivierasco.

Cetara è mare, ma non ha perso la memoria della vocazione contadina del casale, con i tipici appezzamenti terrazzati, strappati nel corso dei secoli alla montagna, su cui si coltivano ancora oggi gli apprezzatissimi limoni, gli “sfusati amalfitani”, quelli con cui si produce il migliore limoncello.

Le sue case antiche, la torre, le pittoresche piazzette che si aprono sulla spiaggia, valorizzate di sera con una gradevole illuminazione, conferiscono all’abitato una caratteristica scenografia da “cartolina”.

Si visiti anche la Chiesa di San Pietro, già attiva da tempo nell’anno 1000, ma completamente ricostruita nel XVIII secolo, ornata da una bella cupola maiolicata e un campanile trecentesco. Interessante anche la Chiesa di San Francesco, edificata con un annesso convento nel 1585.

Particolarmente suggestiva e sentita è la festa che si celebra la notte del 29 giugno, in onore del Santo Patrono, con la processione che arriva fin sul mare e i bellissimi fuochi d’artificio accesi sul porto. Ormai, a vederla ogni anno, arrivano migliaia e migliaia di persone.

Tutto questo: il paese, il mare, i campi, le barche e il golfo di Salerno si possono magnificamente ammirare dal monte di Cetara, il Falerio, che la domina dall’alto. Ci vuole poco più di una passeggiata per raggiungere la cima, ma vivendo un’esperienza di una bellezza infinita.

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