Lasciamoci la magra Quaresima alle spalle, la Primavera è entrata nel pieno e la Pasqua spazzerà via simboli ed abitudini invernali. In fondo la tradizione e la simbologia ci raccontano questo, con estrema evidenza.

Le uova, le verdure spontanee, le primizie dell’orto, la tenera carne di agnelli e capretti: sono l’evidenza della rinascita, una trasposizione della resurrezione. Così ecco che a tavola questa nuova stagione la si vede nei colori, oltre che nel gusto.

Nel salernitano tante le rivisitazioni dei classici che contengono ognuna una specificità, quanti i paesi della provincia. Ma gli evergreen non cambiano: l’antipasto contempla la fellata, ovvero salumi, soppressata in primo piano e a volte anche uova sode.

A fare da apripista la minestra maritata, da alleggerire evitando l’aggiunta di carne e prediligendo la cicoria, da servire semplicemente in brodo. Il primo lascia che trionfi quella generosità che abbiamo abbandonato col Carnevale. Tornano le lasagne nel Cilento, nel Vallo e negli Alburni spazio a fusilli e ragù di carne, a Salerno e nell’Agro Nocerino Sarnese resiste il timballo di tagliatelle. Sul secondo non si scappa, che sia agnello o capretto, qualcuno lo “cura” con l’aceto o col vino o aggiunge in cottura qualche pomodoro. Ma la regola vuole sia cotto al forno con le patate, meglio se novelle. Una scelta che col passare degli anni fa storcere sempre più il naso agli animalisti, con fans crescenti lungo tutto lo stivale.

Una carneficina per il pranzo pasquale? C’è chi si nasconde dietro la tradizione, ma è davvero un’abitudine culinaria con radici profonde. Simboleggia il sacrificio di Gesù, ricorda l’innocenza e la redenzione. E poi in bella mostra a sfilare tortani e casatielli, fave fresche e Pecorino, carciofi in tutte le salse. La tradizione tiene, lo si può ribadire e sottolineare senza timori. La voglia di ritrovarsi, con quei riti che rassicurano. Come le riunioni pre-pasquali per confezionare decine di pastiere. Inevitabili pomeriggi di collettiva euforia e sana familiarità.

Riccardo Faggiano, il patron di Evù
Riccardo Faggiano, il patron di Evù

Eppure i giovani chef e ristoratori amano osare, cercando di tenere per mano tradizione ed innovazione, in un difficile gioco di equilibri.

Se un dato è che tendenzialmente anche a Pasqua si sta in famiglia, a volte il pranzo si sposta al ristorante.

E funzionano proposte alternative e giovani. Come quella di Riccardo Faggiano del ristorante Evù di Vietri sul mare. “Noi facciamo una cucina marinara e non vi rinunciamo nemmeno a Pasqua, però ci piace inventare ricette che includano alcuni dei simboli più importanti della festa“.

Difatti principe anche qui è il carciofo imbottito, non di salami e formaggi però, ma di pane, alici e colatura di Cetara. Doveroso citare anche il casatiello che eliminando la carne, ingloba (com fossero dei cicoli) pezzetti di pesce freschissimo.

Lo chef Nando Melileo
Lo chef Nando Melileo

Da me non può mancare il carciofo bianco di Pertosa crudo servito col gambero, nè tanto meno lo spezzatino di agnello“, racconta Nando Melileo, patron e chef del ristorante Emozionando di Salerno.

Prendo dalla tradizione la base e poi la elaboro a modo mio, come succede con la zuppa di asparagi, piselli e fave. Qui niente carciofi ma golosi pezzetti di merluzzo marinato“.

Antonella Petitti

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