La Costiera Amalfitana, conosciuta in tutto il Mondo sia per le bellezze paesaggistiche che culturali, può a ragione vantarsi di possedere una gastronomia ricchissima di prodotti di mare, ma soprattutto di terra.

Le origini della gastronomia in Costiera non bisogna dimenticarlo, sono essenzialmente povere, semplici, basate su prodotti agricolo-caseari, che però combinate con la fantasia, la sapienza ed il clima favorevole, permettono di ottenere piatti dagli straordinari profumi e sapori.

La Pasqua è una delle più grandi feste religiose, durante la quale vengono commemorate la morte e la resurrezione di Gesù. La maggior parte delle tradizioni pasquali si possono ricondurre ad antichi riti di propiziazione e di eliminazione, connessi con l’inizio della primavera. Ad accentuare tutto questo, contribuisce il precedente periodo di Quaresima in cui, specialmente nei secoli passati, l’astinenza acquistava un evidente significato di purificazione.

Il menù di Pasqua in seguito a ciò, è infatti ricco ed impegnativo, quanto quello natalizio e non fa per niente riferimento all’astinenza. Si sa le tradizioni vanno rispettate e tramandate, le massaie impiegano diversi giorni per infornare dolci, in notevoli quantità, che spesso si regalano come simbolo di buon augurio.

In ogni casa della Costiera che si rispetti il capofamiglia, dopo aver sapientemente addobbato e benedetto con l’acqua santa ed il rametto di palma la tavola pasquale, inaugura l’inizio del pasto che innanzitutto prevede un abbondante antipasto, composto da affettati misti (la fellata), tra cui: soppressata, uova sode, ricotta salata, pancetta, capocollo, olive, provolone e qualche acciuga sott’olio. Volendo il tutto lo si può accompagnare con torte rustiche, casatiello salato o tortano di sugna e cicoli, abbellito con uova ricoperte ancora dalla buccia.

Il primo piatto di solito prevede la classica pasta al forno, assemblata con diversi strati di mozzarella, polpettine, salame, ricotta, parmigiano e basilico. Proseguendo con l’abbuffata, il secondo in genere consiste in capretto o agnello al forno con patate novelle, profumate al rosmarino o insaporite con pezzetti croccanti di pancetta.

A questo punto quando apparentemente pare non esservi più alcuna portata, si intrufola prepotente la minestra maritata, conosciuta anche in epoca borbonica con il termine di “menesta cu no palmo ‘e grasso”, composta da svariate verdure di campo in brodo a cui si aggiungono pezzi meno nobili del maiale, ma molto saporiti.

Il banchetto dei dolci infine prevede la pastiera ed il casatiello dolce, fatto di pan di spagna, ricoperto di glassa bianca, decorato con confettini colorati, caramelle, monete di cioccolata e una bella pecora di zucchero sulla sommità.

Il lunedì in Albis (o’ pascone) poi gli abitanti della Costiera, nella classica gita fuori porta non si fanno mancare nulla, dal momento che inseriscono in grosse ceste da asporto diverse tipologie di prelibatezze: gattò di patate, pizze rustiche o frittate di maccheroni, sia rosse che bianche, salami, torte salate e pastiera. Se allora Pasqua è sinonimo di grandi mangiate in compagnia, ha ragione lo scrittore, drammaturgo George Bernard Shaw, quando asserisce: “Non vi è amore più sincero di quello per il cibo”.

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