Ormai è confermato: il cibo di strada non è più solo una tendenza emergente, ma una solida realtà economica, alla quale sempre più imprenditori guardano con interesse.

Consumano street food 3 italiani su 4, Gambero Rosso ha pubblicato una guida dedicata e ci sono ormai nel nostro Paese decine di festival a tema.

E ora la moda si è trasformata in occasione di sviluppo: solo lo scorso anno sono cresciute del 13% le imprese italiane della ristorazione on the road. Hanno superato quota 2.200 e si concentrano in Lombardia, Puglia e Lazio (elaborazione Coldiretti su dati Unioncamere, giugno 2016).
Lo street food ha trionfato anche a Sigep, 38° salone internazionale della gelateria, pasticceria, panificazione e caffè: una delle più importanti manifestazioni del settore, che si è tenuto di recente a Rimini.

A Sigep era presente anche Sara Pratesi, anima di StreetFoody, un progetto innovativo dedicato ai food trucker italiani, ed esperta di un settore che comincia a vedere proposte sempre più diversificate e strutturate in cui per emergere non si può lasciare nulla al caso.

«Il cibo di strada è un business che attira tanti imprenditori perché con un investimento contenuto si aprono grandi opportunità –conferma Pratesi–. Per iniziare può bastare anche un piccolo Ape Car e l’attività comporta costi molto ridotti rispetto ai ristoranti tradizionali. Ma non ci si può improvvisare: la concorrenza è spietata e il pubblico è esigente. Per distinguersi e ingranare vanno curati progettazione e allestimento, con un business plan di ferro e un ottimo marketing, soprattutto in fase di avvio della start-up».

Per prima cosa, si deve individuare un’idea forte di base. E qui StreetFoody ha l’occhio lungo sui trend di maggiore successo: «Le tradizioni regionali italiane sono e saranno sempre apprezzate dal pubblico –spiega Sara Pratesi–. Puntare su ingredienti e piatti tipici, espressione autentica di un territorio, è sempre un’ottima mossa di partenza. La proposta può essere anche semplice, ma la parola d’ordine dev’essere qualità: se non si valorizzano le eccellenze del Made in Italy, i clienti non perdonano».

Spopolano quindi le mille declinazioni del cibo di strada all’italiana, in particolare per quanto riguarda i fritti, le focacce, i panini imbottiti, «Che si prestano a tantissime versioni, dai classici a base di salumi, fino all’hamburger, che gli italiani apprezzano sia nella sua veste più tipicamente americana, sia rivisitato con ingredienti e abbinamenti “tricolori”. Alla base del successo c’è sempre la selezione delle carni migliori».

E chi vuole puntare, invece, sulla creatività? «L’innovazione può sposarsi molto bene con la tradizione –prosegue Sara Pratesi–. Ci sono alcuni filoni che si prestano bene a portare novità anche nelle ricette tipiche. A Sigep abbiamo visto rivisitazioni molto interessanti in chiave vegetariana, vegana e anche gluten free, per posizionarsi su nicchie di mercato sempre più importanti. E poi la selezione accurata di ingredienti bio fa la differenza».

Le possibilità, insomma, sono tantissime per gli aspiranti food trucker italiani. Ma il percorso per arrivare a proporle nelle strade e nelle piazze è lungo. Bisogna scegliere il tipo di operatività più adatto (itinerante, giardini, piazze) e individuare le opportunità più interessanti, dalle fiere, alle manifestazioni di piazza, agli eventi privati come cerimonie o feste. Poi si passa all’allestimento vero e proprio del mezzo, che sarà il protagonista del nuovo business.

LA CURIOSITA’. A Sigep StreetFoody ha presentato il mezzo più piccolo e compatto, l’Ape modello Oyster, che ha sfornato le prelibate focacce calde del Toscanificio Panbriaco, mentre il Porter Flò è stato allestito in chiave super moderna con l’innovativo banco con carapine (cioè i contenitori per il gelato) a vista.

Un terzo veicolo, un Ape trasformato in gelateria itinerante, è stato protagonista dello stand di Bravo Spa, storica azienda di macchine per gelato, pasticceria, cioccolato e ristorazione che ha festeggiato i suoi 50 anni di attività con celebrità della ristorazione come Ernst Knam, Chiara Maci, Alessandro Borghese, Simone Rugiati e Iginio Massari.

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