Il Comitato Promotore, al fine di fare chiarezza sulla vicenda relativa alla richiesta di riconoscimento della IGP Pomodoro Pelato di Napoli e alla luce delle polemiche sorte a seguito della pubblicazione del Disciplinare di produzione, ritiene doveroso e necessario fare alcune precisazioni.

La richiesta della IGP del Pomodoro Pelato di Napoli non riguarda la materia prima ma il prodotto finito trasformato: l’art. 1 del Disciplinare, infatti, prevede che “L’Indicazione Geografica Protetta (IGP) “Pomodoro Pelato di Napoli IGP” è riservata alle conserve di pomodori allungati, interi, privati della buccia”.

La delimitazione geografica dell’area di trasformazione e confezionamento, prevista dall’art.3 del Disciplinare, include cinque regioni: Abruzzo, Basilicata, Campania, Molise e Puglia.

Come richiesto dall’art. 3 del Decreto di attuazione del Regolamento UE 1151/2012, inoltre, il Disciplinare di produzione, all’art. 6, individua gli elementi che stabiliscono il legame tra la qualità e la reputazione del prodotto e l’origine geografica con particolare riferimento alle tecniche di trasformazione utilizzate dalle aziende operanti nell’area di produzione industriale.

È utile ricordare che il riconoscimento di una IGP deve essere legato ad una sola delle fasi di ottenimento del prodotto (produzione agricola o trasformazione industriale) che deve avvenire in una specifica area geografica, come nel caso, ad esempio, della Bresaola della Valtellina IGP la cui trasformazione avviene in un areale determinato mentre la materia prima utilizzata può provenire da qualsiasi territorio o, ancora, della Burrata di Andria IGP il cui disciplinare impone che i caseifici che la trasformano devono essere in Puglia ma nessun area produttiva del latte è imposta.

Diverso è il caso della DOP per il cui riconoscimento è necessario che tutte le fasi di produzione, trasformazione ed elaborazione avvengano in una stessa area geografica determinata, vedi la il Pomodoro San Marzano dell’agro sarnese-nocerino DOP (pomodoro coltivato nell’areale e processato in stabilimenti presenti nella stessa area) o della Mozzarella di bufala campana DOP (latte munto da bufale allevate nell’area di produzione e caseifici operanti nello stesso territorio).

Nel caso del pomodoro è abbastanza evidente che dovendolo processare non oltre le 24 ore da quando viene raccolto, la materia prima, nel caso del Pelato di Napoli IGP, dovrà necessariamente provenire da aree produttive non lontane dagli stabilimenti, privilegiando naturalmente quelle storicamente vocate alla coltivazione della tipologia allungata, in particolare la provincia di Foggia che, sicuramente, potrà ottenere grandi vantaggi dal riconoscimento della IGP.

Se il problema è la denominazione “Pomodoro Pelato di Napoli”, è utile evidenziare che tale denominazione non è frutto di libero arbitrio o di scelte dettate dalla fantasia ma è conseguenza dalla sua storicità, dimostrata – oltre che dall’acquisita e diffusa reputazione del prodotto sui mercati, dove il pomodoro pelato è sempre collegato a Napoli – dalle numerose etichette utilizzate anche nel tempo da diversi produttori e spesso spedite oltreoceano.

Ovviamente Napoli è da intendersi non solo come città ma come simbolo del Mezzogiorno d’Italia e delle potenzialità che esso racchiude.

È una filosofia e uno stile di vita tipico delle regioni del Bacino del Centro Sud, in una parola “la napoletanità”. Basti pensare che dovunque nel mondo, volendo parlare del Mezzogiorno d’Italia, si fa riferimento a Napoli, come massima espressione di questo territorio.

“Siamo sempre stati pronti e disponibili a lavorare insieme – dichiara Lino Cutolo, Presidente del Comitato Promotore IGP Pomodoro Pelato Napoli – per giungere ad una conclusione positiva della vicenda nell’interesse dell’intera filiera del pomodoro da industria.”

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