Non c’è alimento che sia più rappresentativo del pane come immagine di un popolo. Semplice e quotidiano, rivela un territorio, la sua economia e il suo ingegno. Ogni zona nel mondo ha la sua forma, i suoi ingredienti e la sua lavorazione per ottenere un prodotto che è tipico per natura.
Partiamo dunque da questo prezioso alimento, per addentrarci in una delle cucine più varie, affascinanti e aromatiche del mondo: la cucina indiana.
La diversità stupefacente di preparazioni ed ingredienti della gastronomia di questa nazione si riflette anche nella tipicità di pani che trionfano sulle tavole indiane.
Il chapati è il tipo di pane più diffuso in India. Si prepara con assoluta semplicità e può essere consumato sia da solo che accompagnato con verdure e spezie. Si tratta di una sorta di piada rotonda, piatta e abbastanza larga, non lievitata, cotta su una tawa (speciale padella di ferro dalla forma leggermente concava).
Il roti è la variante ottenuta usando l’aata (farina finissima integrale), il bajra (miglio) e il sorgo. Spesso questo pane viene arricchito con del ghee, prendendo il nome di Paratha, che risulta più croccante e solitamente farcito con carne macinata (kheemaparatha) cavolfiore e zenzero (phoolgobiparatha), rafano bianco (daikon) o al chili verde (muli keparatha), allo yogurt oppure insieme alle lenticchie, legume di cui la cucina indiana fa grande uso.
Per la preparazione di torte e frittelle la varietà Urad Dal è quella maggiormente impiegata, soprattutto nell’India meridionale. Ma la grande scelta (circa 60 le varietà accertate) si riscontra nel gran numero di piatti tradizionali, come le lenticchie gialle che rientrano nella ricetta del Dhal di spinaci, insieme alla cipolla, peperoncini verdi freschi, latte di cocco, senape e cumino.
Altro pane che a differenza del chapati e del roti viene lievitato è il naan, ottenuto tradizionalmente da uno speciale lievito (khamir), su un impasto di farina, yogurt e sale, tradizionalmente cotto contro le pareti del tandoor, caratteristico forno in terracotta a forma di grande giara dal collo ristretto.
Utilizzato originariamente dalle popolazioni del Punjab, nell’India settentrionale, fu esportato durante i moti per l’indipendenza del 1947, quando i rifugiati di quella regione giunsero a Delhi recando con sé tale strumento di cottura.
Molto diffusa la ricetta tandoori di pollo precedentemente marinato in yogurt che, accompagnato con garammasala (un mix di spezie tra le quali pepe nero, chiodi di garofano, stecche di cannella, semi di cumino, coriandolo, e cardamomo) e dal pane naan, rappresenta un vero e proprio piatto unico.
Nelle tavole dell’India centrale invece fa da protagonista il poori, sorta di piada leggera e soffice, cotta sulle braci e abitualmente farcita di spinaci (palak puri) o di patate (aloo puri). Oppure impiegato per accompagnare il paneer, formaggio fresco autoctono a cagliata acida.
Nell’india musulmana sono le shirmal ad accompagnare i pasti. Si consumano con i legumi, ma sono particolarmente apprezzate anche con le verdure arricchite con cipolle, peperoncini, zenzero e semi di senape.
La cucina indiana riflette le notevoli differenze climatiche, religiose, etniche e sociali che caratterizzano questo Paese. Ogni regione, ogni zona si diversifica nella cucina: dalla più nordica regione Kashmir (famosa per i suoi ceci, allevamenti di pecore e coltivazioni di peperoncino), al sud di Tamir Nadu (dove si trovano le più grandi piantagioni di palme da cocco e coltivazioni di curcuma), spaziando dall’occidentale stato del Maharashtra (fiero delle sue chutney: salse di accompagnamento di frutta e verdura cotte nell’aceto e zucchero e speziate di menta o coriandolo), ai più orientali Orissa e Bengala (che vantano innumerevoli ricette di pesce d’acqua dolce cucinato con verdure e salse a base di senape e papavero, oltre ai più famosi dolci a base di latte, come le GulabJamun, palline di latte fritte e imbevute di sciroppo accompagnate con mandorle tostate e petali di rosa).
La moltitudine di scelta di ingredienti e la grande e sapiente maestria nell’usarli, sono il segreto di una gastronomia unica, straordinariamente attraente ed inebriante, che riesce comunque a mantenere un equilibrio semplice e moderato.
Un’attenzione ai particolari con il suo sorprendente impiego di spezie che fanno della cucina indiana un capolavoro di colore, odore e sapore. Una gastronomia vissuta come un’arte cosparsa di riti sociali e religiosi.
Claudia Caselli