L’Europa perde un’occasione importante per tutelare l’olio extravergine d’oliva dai “tarocchi”. Con il Regolamento 61/2011, che entrerà in vigore il primo aprile, si introduce sì un nuovo parametro di valutazione per scoprire la presenza di alchil esteri, composti chimici che si formano nelle miscele di bassa qualità, ma si fissa un valore soglia talmente alto che di fatto non scoraggia la produzione di oli extravergini “falsati”.
Anzi, rischia di “sdoganare” la loro commercializzazione a danno di quei produttori, italiani in testa, che invece lavorano per mantenere intatta l’alta qualità dell’extravergine d’oliva.
Un buon olio di frantoio – ricorda la Cia – ottenuto da olive sane spremute subito dopo la raccolta può contenere un quantitativo massimo di alchil esteri compreso tra i 10 e i 30 mg/kg, mentre la norma europea fissa la concentrazione massima di questi composti chimici fino a 150 milligrammi per chilo.
Ma è ovvio che in questo modo si fornisce un lasciapassare pericoloso a chi produce oli di dubbia qualità, autorizzando indirettamente la vendita dei cosiddetti “deodorati”.
La Cia quindi, pur riconoscendo l’importanza dell’introduzione del nuovo parametro di misurazione delle caratteristiche qualitative degli oli extravergini, critica fortemente la scelta del limite massimo deciso per gli alchil esteri, che è troppo elevato per garantire caratteristiche organolettiche di standard elevato.
Va detto che l’Italia era contraria ai nuovi limiti per gli alchil esteri – conclude la Cia – ma non è riuscita a fare squadra. Ora bisogna cambiare marcia e non subire più le decisioni altrui, è necessario fare in modo che il nostro Paese diventi proattivo nelle decisioni che riguardano le politiche internazionali sull’olio di qualità, che è uno dei fiori all’occhiello del sistema agroalimentare “made in Italy”.
Ma come si protegge un consumatore? Partiamo dallo scegliere solo Made in Italy, è già qualcosa. Ma anche in Italia esistono i truffatori, per questo l’unica soluzione che diminuisca la possibilità di essere truffati sta nell’acquistare prodotti provenienti da aziende “vicine” o a “km0” che, in qualche modo, possono essere visitate e conosciute.