La nostra società da qualche tempo è chiamata a confrontarsi con l’obesità, soprattutto con quella adolescenziale. I dati lanciano un forte segnale: è in sovrappeso il 40% dei bambini italiani; più le femmine al 42% dei maschi, al 38%. Sono queste le percentuali emerse durante uno studio dell’Osservatorio Nutrizionale Grana Padano, che ha valutato le abitudini alimentari di 2238 bambini di età compresa tra i 6 e i 14 anni.

Gli esperti fanno notare come nella maggior parte dei casi l’obesità non compare prima dei 6 anni di vita, anche se diviene un problema solo con l’adolescenza, quando il corpo comincia a ricevere maggiori attenzioni.

Il più delle volte il ragazzo obeso lo diventa per l’eccessiva assunzione di cibo e solo raramente a patologie organiche. La cattiva alimentazione, il ricorso ai fast food hanno accentuato il problema fra i giovanissimi, assieme alla sedentarietà. Troppo spesso gli adolescenti trascorrono molto tempo al pc e alla consolle, un’abitudine che di certo non aiuta.

Spesso l’adolescente obeso manifesta un certo grado di passività accompagnata da un sentimento di vuoto, di inutilità e di malessere generico che inducono a mangiare. Sembra che sia incapace di riconoscere, definire e differenziare i propri bisogni e sia portato a ricorrere sistematicamente al cibo di fronte a qualunque stato di tensione interna; tale capacità deriva secondo alcuni autori come Bruch, da esperienze infantili legate al nutrimento in cui la reazione della madre di fronte a qualunque stato di tensione e di bisogno del bambino era sempre la stessa: dare da mangiare al bambino.

Secondo altri autori il mangiare eccessivo è espressione della ricerca della soddisfazione della pulsione parziale orale, e quindi di una regressione, al posto del soddisfacimento delle pulsioni genitali. L’obesità va considerata una patologia cronica e come tale implica dei cambiamenti nello stile di vita della persona stessa.

Un aspetto da sottolineare è la mancanza di una sintomatologia clinica evidente. Se un adulto obeso manifesta problematiche relative all’ipertensione, a patologie articolari, l’adolescente generalmente non ha sintomi importanti e questo può andare a scapito della motivazione ad un intervento correttivo/educativo.

Inoltre frequentemente l’adolescente obeso ha uno sviluppo puberale anticipato e questo precoce sviluppo da un certo punto di vista svia l’attenzione dal problema obesità. E’ invece possibile riscontrare nella vita relazionale alcune particolari problematiche legate al vissuto di un complesso di inferiorità e inefficacia rispetto ai coetanei, con conseguenti comportamenti di isolamento o di eccessivo conformismo allo scopo di farsi accettare dal gruppo. Entrambi gli atteggiamenti denotano una riduzione dell’autostima.

Un altro aspetto è da porre in relazione al trattamento. La terapia dell’obesità in adolescenza non può prescindere dal lavoro di identità dell’adolescente. Fornire una dieta può ingenerare vissuti di inefficacia controproducenti al lavoro d’identità. Una dieta peraltro non può prescindere dall’essere inserita in un discorso di stile di vita che si ripercuote sull’intera famiglia.

Ma anche qui sorgono problemi laddove vi sono genitori scarsamente motivati e fratelli non obesi, i quali si trovano costretti a seguire schemi alimentari nuovi di cui non avvertono necessità. Problemi apparentemente banali ma che pregiudicano in modo determinante la terapia.

L’obesità è sì una patologia che può essere curata, ma è soprattutto un campanello d’allarme, una spia di un malessere interiore, di un disagio e come tale ha bisogno di esser affrontato. Dunque, mai sottovalutate i primi segnali! Il vero benessere passa dal rapporto col cibo.

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