PUTIGNANO (BA). A garantirne la sopravvivenza c’è rimasto solamente un ultimo produttore. La “farinella” di Putignano rischia di disperdersi nel soffio distratto di un vuoto di memoria, nello scrollo sbriciolante di un vassoio da fast-food o nella perdita d’abitudine alla pulizia del piatto, testimonianza dell’inceppo moderno dell’unico motore che a lungo tutto ha mosso: la fame.
E’ stato un cibo antico per contadini d’ogni epoca, in questo lembo di Puglia nella Murgia barese. Sostitutivo del pane, che tendeva ad indurirsi, e più facile da trasportare, la farinella si fa “impanatura” se impastata con acqua, olio e sale. E’ uno sfarinato di orzo e ceci precedentemente abbrustoliti o tostati: tipico ed elementare prodotto cerealicolo, nella caleidoscopica declinazione alimentare della più autentica dieta mediterranea.
“Dal 1700 diventa alimento di accompagnamento, spesso con patate lesse e verdure, o ancora usata per assorbire l’acqua stessa delle verdure”, racconta Giuseppe Barretta, esperto di enogastronomia e degustatore di vini.
Da qui l’utilizzo più classico e tipicamente ristretto all’area di Putignano: che è quello della “scarpetta”. L’antico rito della raccolta del sugo a fine pasto, di solito fatto col pane, in questo caso, invece, con la “farinella” che forma una sorta di gustosissima pappetta.
E’ l’esaltazione della “ricchezza della povertà”, che nella cucina mediterranea trova la sua più pragmatica applicazione quotidiana. Tanto da diventare variante ipocalorica anche in pasticceria, dove spesso sostituisce lo zucchero a velo: particolarmente azzeccata la sua spolverata sui fichi freschi aperti.
Una tradizione circoscritta alla città di Putignano, che talvolta rimanda agli sfarinati di ceci per le focacce liguri. La “farinella” si presenta delicata e vellutata come una cipria, non a caso tradizione ed aneddotica locale la raccontano utilizzata come trucco dagli abitanti storici della città, per salvarsi dalle incursioni saracene, che così impolverati e mascherati passavano per malati colpiti da chissà quale contagiosa malattia.
Probabile spunto per la nascita della famosa maschera locale: “Farinella”, che a suo volta ha dato carattere e creatività al più famoso carnevale del Sud, il Carnevale di Putignano. Ecco perché salvaguardare questo prodotto, anche attraverso il recupero di un più moderno e abituale utilizzo, è esercizio di difesa di un pezzo di identità territoriale. Un sano tentativo di riappropriarsi di quell’impalpabile patrimonio fatto di ricordi, di tradizione e di dignità popolare.
Antonio V. Gelormini