Il giudizio della Cei è un incoraggiamento per i quasi centomila giovani che hanno deciso di costruire il loro futuro di lavoro nelle campagne dove rappresentano la componente più dinamica ed innovativa del settore agricolo.

E’ quanto ha affermato il delegato nazionale di Coldiretti Giovani Impresa, Vittorio Sangiorgio nel commentare il messaggio per la giornata del ringraziamento dei vescovi della Commissione Cei per i problemi sociali e il lavoro che sottolinea come “in questo tempo di crisi, un segnale positivo e’ rappresentato dal ritorno all’impresa agricola di giovani laureati, che sentono questo lavoro come una ‘vocazione’, che dona loro dignità e piena valorizzazione”.
In Italia – precisa Sangiorgio – ci sono quasi centomila giovani under 35 che hanno scelto di porsi alla guida di aziende agricole che rappresentano la componente più dinamica dell’agricoltura italiana e rispetto al passato si segnala l’ingresso di giovani provenienti da famiglie, attività e studi extragricole in percentuale maggiore. Secondo una indagine della Coldiretti le aziende agricole dei giovani possiedono, infatti, una superficie superiore di oltre il 54 per cento alla media (9,4 ettari rispetto alla media nazionale di 6,1), un fatturato più elevato del 75 per cento della media (18.720 Euro rispetto alla media nazionale di 10.680) e il 50 per cento di occupati per azienda in più.

Inoltre – continua la Coldiretti – le giovani leve della campagna hanno una maggiore propensione al biologico (3,7 per cento delle aziende rispetto alla media nazionale di 2,1 per cento), ma incontrano qualche difficoltà nell’acquisto del capitale terra che solo nel 54 per cento dei casi è in proprietà rispetto al 74 per cento della media nazionale. E ancora – osserva la Coldiretti – si vanno sviluppando, proprio grazie all’impegno e all’azione dei giovani, i binomi agricoltura-turismo e agricoltura-attività sociali, con sempre nuove opportunità in continua evoluzione.
A frenare gli entusiasmi dei tanti giovani che vorrebbero trovare occasioni di lavoro in campagna ci sono i tanti ostacoli all’ingresso, al costo dei terreni al credito, ma anche il peso della burocrazia: un giovane che vuole aprire un’impresa agricola o un agriturismo impiega oggi almeno due anni e mezzo per farlo, a causa della burocrazia che limita di fatto – precisa Sangiorgio – la libertà di impresa.

Le pastoie burocratiche risultano essere uno degli ostacoli principali all’avvio dell’attività agricola – rileva Coldiretti – come evidenziato anche da un’indagine Coldiretti-Swg dalla quale emerge che 4 giovani su dieci indicano le lungaggini nell’esame e nella predisposizione di domande e documenti come il principale problema del settore agricolo.

Analizzando i vari adempimenti necessari ad avviare l’attività, si scopre che soltanto l’apertura della partita iva e l’iscrizione al registro delle imprese e all’Inps portano via un totale di 13 giorni.

I bandi dei Piani di sviluppo rurale (PSR) per l’insediamento dei giovani in agricoltura escono solitamente dopo 120 giorni dall’approvazione dei PSR stessi.
Passato questo periodo è possibile presentare la domanda, che impiega però 60 giorni per essere recepita, più altri 260 perché venga completata l’istruttoria. Il decreto che dà il via libera materiale alle misure per l’insediamento dei giovani viene in genere emesso dopo circa un anno, e altri 90 giorni serviranno per accedere al credito.

In totale fanno circa due anni e mezzo per poter avviare l’attività, con l’ulteriore considerazione che per ultimare gli investimenti saranno necessari almeno altri 18 mesi. Dinanzi a tale situazione occorre uno sforzo comune per lo snellimento delle procedure, anche attraverso l’effettivo coinvolgimento dei centri di servizi promossi dai privati, al fine di non pregiudicare il ricambio generazionale in agricoltura.

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