Per noi italiani è davvero la base. Con questo ingrediente otteniamo pasta, pizza, pane, dolci. Nella sua consistenza leggera, morbida, dal buon profumo, si lega a ricordi d’infanzia, riti, golosità.

Eppure la farina può essere una grande e subdola nemica, se non cominciamo seriamente a parlarne al plurale e a conoscerle.
Essere consumatori, oggi più che in passato, è davvero difficile. Dobbiamo essere consapevoli che nonostante le leggi in materia, le etichette, la lotta alle frodi alimentari, c’è un universo nascosto che è fatto di logiche commerciali ed economiche, a cui poco importa la salute collettiva.
Ecco perchè è nostro dovere informare ed informarsi.

Se consideriamo che ogni giorno ci apprestiamo ad acquistare e/o preparare il nostro cibo almeno tre volte (che si traduce in circa 1100 volte in un anno), ci renderemo conto che conoscere ciò che ingeriamo è il primo vero passo verso la salute ed il benessere. Condizioni a cui tutti aneliamo, chi più e chi meno.

Come si suddividono le farine di grano

Partiamo dunque dalla base: le farine che vanno a formare molte delle preparazioni e dei prodotti che ogni giorno campeggiano sulle nostre tavole.
Il plurale è d’obbligo e se risulta un principio ovvio per chi è addentro al tema, non lo è per chi in maniera più automatica si avvicina all’alimentazione.
Al mondo dell’industria agro-alimentare basterebbe che noi distinguessimo due farine:
farina di grano tenero (Triticum vulgare);
farina di grano duro (Triticum durum);

Quella di grano tenero la troviamo (quasi sempre e solo) nel formato 0 e 00. Cosa significa? E’ semplicemente il grado di raffinazione a cui sono state sottoposte. E’ forse lapalissiamo sottolineare che la peggiore è la 00 e che più aumenta il grado di raffinazione e più si tratta di un prodotto dannoso.
Il processo di lavorazione a cui sono sottoposti gli originari chicchi di grano eliminano:
la crusca (depositaria di fibre, vitamine e sali minerali)
il germe di grano (ricco anch’esso di vitamine, aminoacidi, acidi grassi e sali minerali).

Cosa resta? Amido e proteine di scarsa qualità.
Medesima questione, seppure con nomi diversi per la farina di grano duro che si divide – in base al processo di raffinazione – in semola integrale, semola e semola rimacinata.

Perchè le farine vengono raffinate?

E’ la domanda naturale. Produrre in larga scala è più facile e più redditizio se si tratta di un prodotto che dura a lungo (in termini di conservabilità) e rende meglio (in termini di facile lavorazione e veloce lievitazione).
E come se non bastasse, la farina bianca viene sbiancata chimicamente, altrimenti sarebbe difficile spiegare concretamente questo colore candido partendo dal grano, come minimo dovrebbe essere un pochino più giallognola.
C’è chi sostiene che è una pratica non in uso in Italia, ma quando si cerca di fare luce su alcune logiche industriali è bene diffidare e dedurre con logica.

Quali sono le conseguenze dell’uso delle farine raffinate?

Riflettiamo sull’aumento del diabete, delle intolleranze e delle allergie negli ultimi decenni, quanto è riconducibile ad un’alimentazione malsana?

Fino agli anni 50/60 la farina più comune era quella integrale, proviamo a guardare quanto sono aumentate da allora alcune patologie riconducibili all’alimentazione.
La salute si nasconde dietro la minore “trasformazione” possibile di una buona materia prima anche nelle nostre cucine, oltre che nella biodiversità che Madre Terra generosamente ci fornisce. Diversi studi, nonché professori dell’Istituto Nazionale Tumori, fanno presente che la farina raffinata è dannosa almeno tanto quando lo zucchero raffinato. Tumori, obesità, disturbi alimentari: l’elenco purtroppo è lungo. Seppure è difficile eliminare completamente i prodotti raffinati dalla nostra dieta, bisognerebbe almeno scegliere farine e zuccheri integrali quando ne abbiamo la possibilità.

Farine: un mondo di possibilità

Le farine esistenti sono davvero innumerevoli, dal riso al farro, passando per ceci e segale. Provatele tutte, divertitevi nel mescolarle, ognuna con le sue caratteristiche, ognuna con le sue proprietà nutrizionali. La varietà nell’alimentazione è un altro principio che la “tavola dell’industria” ci sta facendo dimenticare.
Non tutti siamo bravi ai fornelli o tanto volenterosi nel fare autoproduzione, va bene. Conoscere queste cose, però, servono anche a fare la spesa con maggiore consapevolezza. Non è sempre facile ma le alternative esistono, non fermatevi alla prima difficoltà. Crescono le botteghe di prodotti ricercati, ma anche le catene di supermercati bio. Quasi sempre il mondo biologico è il migliore riferimento per chi pretende di conoscere (per quanto possibile) ciò che ingerisce.


Occhio, infine, al generico pane integrale. Nella maggior parte dei casi è fasullo, ovvero è ottenuto dalla miscela di farina raffinata e crusca. Ciò significa che il risultato organolettico e nutrizionale è notevolmente diverso dall’originale. Un pane integrale è scuro in maniera abbastanza omogenea e non a puntini, come siamo abituati a trovarlo.
Provate a fare del pane integrale o della pizza integrale a casa, sarà più facile poi riconoscere i falsi.
Una farina integrale dura meno e comporta più difficoltà nella trasformazione, ma è infinitamente superiore in termini salutistici.
Basterebbe cominciare a volgere lo sguardo e a dirigere la scelta almeno sulle farine di tipo 1 e 2, che sono semi-integrali, già nettamente migliori della 00. Ovvio che utilizzare l’integrale è la scelta più giusta.

Dobbiamo smetterla di pensare che alcuni prodotti possono restare nella nostra credenza per anni e non essere dannosi per il nostro corpo, è innaturale.
Un esempio su tutti. Una merendina, per quanto possa piacerci ed essere golosa, deve spaventarci se è in grado di restare integra per tre anni. Cosa conterrà mai, è la domanda che deve ricorrere nella nostra mente! Ma questa è un’altra storia, un’altra riflessione…

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