Nessuna libertà, poco movimento, cicli vitali ridotti: sono le condizioni alle quali vengono ridotti gli animali da allevamento intensivo.
A questi fattori che rendono esasperatamente basso il loro tenore di vita, se ne aggiungono altri come: indebolimento di ossa e muscoli, respirazione di aria inquinata dai loro stessi escrementi ed esposizione costante alla luce artificiale (che aumenta i ritmi di produzione) piuttosto che quella solare.
Tra queste, avanza una conseguenza assai importante, dettata per lo più dalla richiesta dei consumatori: animali geneticamente selezionati dei quali si considerano le caratteristiche più appetibili per la clientela, ad esempio il petto gigante nei tacchini e nei polli.
Per crescere velocemente “sani” e senza malattie, gli animali vengono infine trattati con antibiotici e prodotti chimici usati come terapie preventive, soprattutto date le circostanze in cui vivono.
> Ma tutto ciò cosa produce sull’ambiente?
Una connessione tra allevamento intensivo e ambiente potrebbe apparire del tutto improbabile, eppure, secondo la FAO, il bestiame produce il 18% dei gas serra che intrappolano il calore nell’atmosfera determinando lo scioglimento dei ghiacci, l’innalzamento del livello del mare, acidificazione degli oceani e desertificazione, assottigliamento dello strato d’ozono e calamità naturali come esondazioni e tempeste.
Infine, a patire le conseguenze dell’allevamento intensivo sono anche piccoli insetti come le api.
> Vi domanderete: “Cosa c’ entrano le api con la bistecca?”
Eppure pretendere di mangiare tanto e pagare poco implica l’utilizzo di più allevamenti invece di uno, nonché di un maggiore bisogno di mais. Di conseguenza, i contadini che producono questo cereale non possono ricorrere alla rotazione delle colture e devono affidarsi a potenti insetticidi per proteggere il mais e che oltre ad uccidere gli insetti nocivi, colpiscono anche quelli buoni.. tra cui le api! Mangiare meno carne può essere perciò anche un buon motivo per salvaguardare la loro vita!
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Federica Caiazzo