Il caldo primaverile è tornato nel weekend della befana dopo che il 2012 è stato in Italia il quinto anno più caldo dal 1800 in cui sono iniziate le rilevazioni con, rispetto alla media, una temperatura superiore di 1,02 gradi e precipitazioni inferiori del 6%.

E’ quanto emerge dai dati elaborati da Isac Cnr che evidenziano peraltro che le precipitazioni sono state inferiori del 6 per cento rispetto alla media del periodo di riferimento, con un crollo dei raccolti per i prodotti base della dieta mediterranea, dal vino all’olio fino alle conserve di pomodoro.

Si conferma una tendenza al surriscaldamento anche In Italia dove negli ultimi anni si è assistito a ripetuti record con il 2003 che è intesta alla graduatoria seguito dal 1994, dal 2000 e dal 2011 a pari merito con il 2007.

Quest’anno il risultato del cambiamento climatico è stato il crollo del raccolto Made in Italy che è in grado di garantire scorte alimentari nazionali per soli 9 mesi, a causa della siccità estiva ma anche del gelo invernale e dei  nubifragi autunnali.

Tra i prodotti base della dieta mediterranea – spiega la Coldiretti – se la vendemmia si è attestata sui valori minimi da quasi 40 anni con un calo del 6 % del vino per un totale di appena 40 milioni di ettolitri, la produzione di pomodoro da conserva e scesa del 12 % attorno le 4,4 milioni di tonnellate mentre scende a 4,8  milioni di quintali la produzione italiana di olio di oliva, in calo del 12% rispetto ai cinque milioni e mezzo della scorsa annata.

Per il mais necessario all’alimentazione del bestiame il calo è stato del 13 % con la produzione scesa a 8,5 milioni ma non fanno eccezione le mele (calo del 22 %) e le pere (-13 %). Numeri che fanno pendere verso il segno negativo la bilancia della produzione frutticola italiana, dove almeno le pesche sono rimaste sui livelli dello scorso anno.

Malissimo, invece, le castagne, con il raccolto dimezzato da siccità e dagli attacchi del cinipide, il parassita di origine cinese che distrugge gli alberi. Male anche la produzione di miele, a causa dell’andamento climatico poco favorevole, con un meno 25 .

Sul fronte dei semi oleosi, le rilevazioni indicano – sostiene la Coldiretti – una diminuzione del girasole, e anche per colza e soia si prospetta un calo rispettivamente del 24 % e del 14 %. Si registra invece un aumento della produzione di grano duro per la pasta del 12 % per un totale di 4,2 milioni tonnellate, mentre quello tenero per il pane fa registrare addirittura un incremento del 21 %, con un raccolto di 3,4 milioni di tonnellate.

Il rischio è ora quello di un aumento delle importazioni di ingredienti di diversa qualità da spacciare come Made in Italy come il concentrato di pomodoro cinese, l’extravergine tunisino, le mozzarelle taroccate ottenute da latte in polvere, paste fuse e cagliate provenienti dall’estero.

“Un pericolo che – conclude la Coldiretti – evidenzia la necessita di tenere alta la guardia e di stringere le maglie troppo larghe della legislazione a partire dall’obbligo di indicare in etichetta la provenienza della materia prima impiegata, voluto con una legge nazionale all’inizio della legislatura all’unanimità dal Parlamento italiano, ma non ancora applicato con i necessari decreti ministeriali.

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