MARISICO NUOVO (PZ). Gestire le implicazioni legate alla presenza dei cinghiali nelle aree protette e tentare di trasformare il problema in opportunità.

È questo il filo rosso intorno al quale è ruotato il convegno che si è svolto a Marsico Nuovo sul tema “Programma per la gestione del cinghiale nel Parco Appennino Lucano“. Attorno al tavolo rappresentanti istituzionali, esperti e rappresentanti di categoria e di associazioni ambientaliste che hanno risposto all’invito dell’Ente Parco di approfondire un tema ad alta sensibilità per agricoltori, associazioni venatorie e istituzioni preposte alla salvaguardia dell’ambiente.

A dimostrare la sensibilità che verso il tema nutrono gli enti gestori delle aree protette, hanno aperto e chiuso i lavori i rappresentanti regionale e nazionale di Federparchi Totaro e Sammuri. Il presidente del Parco Appennino Lucano, e coordinatore di Federparchi Basilicata, Domenico Totaro, ha introdotto le linee generali della problematica, accennando agli interventi che l’Ente Parco sta adottando a riguardo.

Un aspetto che ha approfondito Rosalia Botta responsabile dell’Ufficio Natura dell’Ente Parco che, dopo i saluti del sindaco di Marsico Nuovo Domenico Vita, ha aperto la serie di relazioni tecniche, soffermandosi sul regolamento in essere relativo all’indennizzo dei danni da fauna selvatica nel territorio del Parco. Approfondita e dettagliata è stata la relazione di Federico Morimando, naturalista e collaboratore di Federparchi, che ha tracciato il percorso storico e naturale attraverso il quale l’intera Europa è passata dai pochi insediamenti di cinghiali del primo del ‘900 all’altissima diffusione di oggi. “

Non c’è area in Italia -ha detto Morimando- che non abbia la presenza dei cinghiali”. Un problema diffuso, dunque, che diventa ancor più delicato per le aree protette e per quelle a queste ultime contigue. Una delle strategie globali di approccio al problema, ha spiegato l’esperto, “è l’elaborazione di interventi condivisi fra parchi confinanti, e fra aree protette e aree contigue”.

Quanto alle azioni, secondo Morimando, il controllo numerico con abbattimento selettivo dove si registrano i danni è quello più efficace. “Per ottimizzarlo -ha spiegato- occorre però, che ci sia una precisa mappatura GIS e l’uso di trappole mobili”. Sullo stesso livello tecnico è stato l’intervento di Egidio Mallia, faunista e veterinario del Parco Gallipoli Cognato, del quale ha illustrato l’esperienza nella gestione dell’ungulato.

Carlo Gilio del dipartimento Ambiente della Regione, ha sottolineato i danni che i cinghiali apportano non solo alle colture ma alle essenze floristiche, che spesso compongono la parte meno nota della biodiversità del nostro territorio. Quanto agli interventi sul problema, Gilio ha illustrato l’esperienza di regolamentazione del fenomeno condotta con il Parco Gallipoli-Cognato, la cui estensione ha portato a un protocollo di intesa allargato anche al Parco Pollino.

Ai lavori sono intervenuti anche il responsabile del CTA del Corpo Forestale dello Stato Mario Guariglia, Rocco Sileo dell’Alsia, Manfredelli, Carbone e Pisani per il mondo dell’agricoltura, in rappresentanza dei cacciatori Antonio Trombetta dell’ATC n. 2,  l’assessore Provinciale  a Caccia e Pesca Nicola Figliuolo, e il responsabile delle aree protette di Legambiente Antonio Nicoletti. In conclusione il presidente Giampiero Sammuri, ha fatto riferimento al progetto di limitazione dei danni da fauna relativo alla direttiva ministeriale sulla biodiversità a cui Federparchi lavorerà mettendo insieme enti gestori di aree protette di varie parti d’Italia. La formazione a chi è  chiamato a intervenire nella cattura e un approccio non ideologico al problema, che permetta di modulare gli interventi considerando i benefici previsti, sono stati i temi con cui il presidente di Federaparchi ha chiuso i lavori del convegno.

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