L’emergenza “mucca pazza” ha contribuito a spingere nei dieci anni successivi i consumi di prodotti tipici degli italiani che sono aumentati del 650 per cento per un valore che ha raggiunto i 7,5 miliardi di euro.

 

E’ quanto è emerso nel corso dell’incontro “Mucca pazza: dieci anni dopo”, promosso dalla Coldiretti e dalla Fondazione Univerde il 9 marzo, a dieci anni dal varo delle misure emergenziali nazionali, che ha evidenziato come nello stesso periodo si sia verificato il raddoppio del numero di prodotti a denominazioni di origine protetta (Dop/Igp) nazionali riconosciuti dall’Unione Europea che ha consentito di sorpassare la Francia e di conquistare la leadership europea con gli attuali 221 prodotti tutelati.

 

“La mucca pazza è stata uno spartiacque tra un modello di sviluppo dell’agroalimentare rivolto solo al contenimento dei costi ed uno attento alla qualità, all’ambiente e alla sicurezza alimentare che si è affermato e ha permesso all’Italia di conquistare la leadership in Europa”, ha affermato il presidente della Coldiretti Sergio Marini nel sottolineare che “a cambiare è stato anche il modello di consumo che si è arricchito dei valori della eticità, della sostenibilità, della qualità e della sicurezza”.

 

Dall’emergenza mucca pazza è emersa dunque una agricoltura rigenerata attenta alla qualità delle produzioni, alla salute, all’ambiente e alla tutela della biodiversità come dimostra il fatto che, dopo aver rischiato l’estinzione, si è verificato un aumento record del 39 per cento negli ultimi dieci anni degli esemplari di bovini appartenenti alle cinque storiche razze italiane con la presenza sul territorio nazionale di 147mila animali iscritti al libro genealogico allevati in 5.366 stalle italiane.

 

Di fatto la mucca pazza ha determinato un deciso cambiamento dell’allevamento italiano e “salvato dall’estinzione” l’intero patrimonio di razze bovine Made in Italy come la maestosa chianina che ha avuto il più elevato tasso di crescita e può ora contare su 46.553 esemplari, ma anche la romagnola (15.416 animali), la marchigiana (52.344), la podolica (23.370) e la maremmana (9.212) il cui numero era sceso progressivamente fino al 2000 in tutta la penisola.

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