Tra Sant’Angelo dei Lombardi e Rocca San Felice, in una zona oggi disabitata, nel 1133 sorse il complesso della cittadella monastica del Santissimo Salvatore al Goleto, ad opera di Guglielmo da Vercelli.

Un luogo suggestivo, di silenzio, tenuto vivo per i fedeli dai Piccoli Fratelli della Comunità Jesus Caritas, i quali se ne prendono cura dal 1990.
Una interessante meta per una gita fuori porta, che vale un viaggio nel tempo. Per volontà del fondatore, il vasto fabbricato era destinato ad ospitare una comunità mista di monache e monaci.
Questo complesso, che ruotava attorno alla chiesa del Santissimo Salvatore, posta al centro e con la facciata volta ad occidente, comprendeva il monastero grande delle monache, a fianco dell’abside, e quello più piccolo dei monaci, davanti alla facciata.
Per circa due secoli la comunità monastica influenzò non solo l’Irpinia, ma anche le vicine Puglia e Basilicata, grazie alla predilezione e protezione che la nobiltà normanno-sveva ebbe sempre su di essa.
A partire, però, dal 1348 (anno della peste nera) iniziò una lenta decadenza che ne determinò la soppressione della comunità monastica nel 1506, ad opera del Papa Giulio II, che – di fatto – avvenne con la morte dell’ultima badessa nel 1515.
L’Abbazia fu soppressa del tutto dal sovrano di Napoli, Giuseppe Bonaparte, nel 1807.
Finì in abbandono, ricoperta di rovi e sterpi, per tornare alla luce nel 1973 grazie a Padre Lucio De Marino che ottenne i permessi per avviarne il restauro, completato più di venti anni dopo, nel 1996.
Gli imponenti ruderi medievali, arricchiti dalla massiccia Torre Febronia con gli incassi di lapidi romane e dalla bella cappella di San Luca, di epoca Federiciana, rendono questa visita tra quelle imperdibili dell’areale irpino.

Rispondi

Please enter your comment!
Please enter your name here