Trent’anni. Pochi? Molti? Dipende, da quale punto di vista si guarda al complesso e variegato mondo della birra artigianale italiana. Ma, al di là di tutte le riflessioni personali possibili, nella recente pubblicazione di Alessandra Agrestini, è possibile ritrovare l’evoluzione meticolosa del settore, narrata assieme ai suoi più appassionati protagonisti.

È, sopra ogni cosa, un libro da cui apprendere la storia della birra artigianale italiana. I primi timidi tentativi, i pionieri, la legge che ha dato il via libera alla complessità dell’attuale produzione.

Da Baladin a Birrificio Italiano ai marchi storici recuperati come Puddu e Ronzani, dalle birre alle castagne al concetto di artigianalità, questa pubblicazione sin da subito si fa spazio in una ideale biblioteca che si rispetti dedicata alla cultura brassicola italiana.

Scorrendo le pagine si cresce insieme ad un prodotto (e ad un piccolo esercito di mastri birrai) che, in Italia, ha trovato una nuova identità e non ha nulla da invidiare ad altre culture, se non la storia.

Diversi i contributi di altri esperti del settore, che impreziosiscono ancor di più il volume e lo rendono corale e ancora più autorevole.

Un libro che mancava e che ha fatto il punto, dando spunto a moltissime riflessioni sia a chi è del settore che ai semplici appassionati. Dopo trent’anni c’è una maturità che porta maggiore lucidità e consapevolezza al settore e che servirà per dare il via a nuovi approcci, senza mai dimenticare il percorso fatto.

Particolarmente interessante è la selezione (chiaramente sofferta, l’autrice spiega bene quanto sia stato complicato fare delle scelte, non soltanto in questa occasione) di 30 birre iconiche che possano sintetizzare questo primo pezzo di storia dell’artigianale italiana. Ne citiamo soltanto qualcuna: Beerbera (Loverbeer), Friska (Barley), Margose (Birranova), Syrentum (Birrificio Sorrento), Fovea (Rebeers).

Citazioni

“La creatività italiana, unita alla mancanza di un ancoraggio a una tradizione forte e diversificata o forse proprio per questo, ha reso nel giro di poco tempo l’Italia uno dei Paesi più interessanti dal punto di vista brassicolo. (…) Quello che forse si poteva invece evitare era, a mio avviso, un certo settarismo strisciante, un’impostazione ideologica cha ha poggiato a lungo sulla contrapposizione con l’industria di settore, la suggestione che la birra artigianale fosse una pura rivoluzione culturale e non anche la semplice scoperta o intuizione di un segmento commerciale inesplorato”

Dalla Prefazione di Maurizio Maestrelli

“Sono fortemente convinto che l’Italia abbai tutte le potenzialità per diventare uno dei Paesi più significativi per la produzione della birra, a livello mondiale. Non supererà mai l’importanza storica di Belgio, Germania e Inghilterra (forse alla lista vanno aggiunti anche gli Stati Uniti), ma certamente può avvicinarsi molto a quel gotha. A patto che i nostri birrifici non si limitino a riprodurre stili già noti e codificati altrove, ma che invece investano in prodotti dalla forte identità, riconoscibili immediatamente come frutto del Made in Italy. Birre come la Tipopils di Birrificio Italiano o Xyauyù di Baladin hanno riscritto le regole del gioco, innovando un pensiero e creando qualcosa di nuovo”.

Dal capitolo “La filiera della birra italiana” di Luca Giaccone

Chi è Alessandra Agrestini

Bellunese di nascita, bolognese di adozione. Consulente birrario free-lance, docente, formatore e giudice, promuove il Made in Italy birrario a livello internazionale attraverso seminari e conferenze.

Collabora con numerose associazioni, riviste, web magazine e libri a tema, da oltre quindici anni. Nel tempo libero viaggia, seguendo la sua seconda passione: il vino.

Di cotte e di crude

30 anni di birra artigianale italiana

Novembre 2024 – Maggioli Editore

www.maggiolieditore.it

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