Incute quasi timore reverenziale l’intenzione di scrivere poche righe sulla Reggia di Caserta, tale è lo sfarzo, la grandezza e il senso di infinito che il luogo trasmette ai visitatori.

La Reggia di Caserta: il palazzo reale più grande del mondo

Non a caso, perché stiamo parlando del Palazzo Reale più grande del mondo, ben 47.000 metri quadrati e cinque piani di altezza, ispirato secondo la moda del tempo ad altri grandiosi palazzi già presenti in Europa all’epoca della sua costruzione, la Reggia di Versailles vicino Parigi e il Castello di Schönbrunn di Vienna, la cui somiglianza col palazzo voluto da Carlo di Borbone, re delle Due Sicilie, non può certo sfuggire.
Ma perché costruire un edificio così sontuoso lontano dalla capitale borbonica, in un territorio che all’epoca era costituito semplicemente da pascoli, boschi e una vecchia villa nobiliare abbandonata?

Alle origini della Reggia di Caserta

Si tenga presente che quella che oggi conosciamo come Caserta all’epoca non esisteva e si sviluppò secondariamente alla costruzione della reggia borbonica, mentre la Caserta dell’epoca era quella oggi conosciuta come Casertavecchia.
Il luogo fu scelto per la realizzazione di una nuova capitale amministrativa proprio perché si trattava di un territorio sicuro, lontano dal brontolio del Vesuvio e da quel mare che poteva portare nemici, cosa avvenuta pochi anni prima del progetto quando, nel 1742, le navi inglesi minacciarono pesantemente il regno di Carlo di Borbone irrompendo nel golfo di Napoli durante il conflitto che vide coinvolti Austria, Spagna e Inghilterra.
La posa della prima pietra avvenne dieci anni dopo, nel 1752. Per la realizzazione fu scelto il più celebre architetto dell’epoca, Luigi Vanvitelli.
Vanvitelli, nonostante la grande forza-lavoro impiegata, fino a duemila operai, non riuscì a vedere l’opera completata, come non ci riuscì il figlio Carlo, perché la vera ultimazione si ebbe solo nel 1845, per quanto nel 1789 l’edificio iniziò a essere abitato.
Un’opera mastodontica la cui costruzione attraversò quindi un secolo di storia, con successive varianti al progetto originario, che oggi ci sbalordisce per la sua imponenza e vastità.

Visitare la Reggia di Caserta

Una visita articolata alla Reggia e al suo grande parco richiede almeno mezza giornata. Per godere appieno dell’area esterna è consigliabile scegliere una bella giornata di sole, escludendo però i periodi più afosi, sia perché c’è parecchio da camminare, sia per godere del parco nel pieno del suo splendore.

Come effettuare la visita al meglio?
Iniziando dagli appartamenti, ai quali si accede tramite il maestoso Scalone d’Onore di 116 scalini realizzato in marmo bianco di Carrara, vero preludio alla grandezza del palazzo. Si tenga presente che l’area visitabile è in realtà sono una piccola parte del complesso nell’ala meridionale ed è divisa in Appartamento del Settecento e Appartamento dell’Ottocento.


È intuitivo che per la piena comprensione dei fastosi ambienti, come la Sala del Trono, la Sala di Astrea, la Sala degli Alabardieri, la Sala di Alessandro, la Cappella Palatina, la biblioteca e delle numerose stanze che si susseguono, l’ideale è seguire le spiegazioni delle guide autorizzate o, quantomeno, l’utilizzo dell’audioguida per non rimanere solo affascinati dall’effetto scenografico ma anche comprendere la vita di corte all’epoca dei Borbone.

Sala del Trono
Sala degli Alabardieri
Sala di Astrea
Sala Primavera

Da non perdere anche il raffinato Teatro di Corte, vero gioiello d’eleganza i cui lavori iniziarono quasi contemporaneamente a quelle delle restanti parti del palazzo.
Il grande atrio “a cannocchiale” che congiunge l’ingresso della Reggia al Giardino all’Italiana ne valorizza la scenografia prospettica, con lo sguardo che risale fino alla cascata artificiale di 78 metri che in origine era alimentata dall’Acquedotto Carolino, realizzato da Vanvitelli proprio per alimentare il complesso con le acque del Monte Taburno.


La passeggiata che dalla Reggia conduce in leggera salita fino alla cascata sommitale, passando per le aiuole, la Fontana Margherita, le lunghe peschiere, la Fontana di Eolo e la Fontana di Diana e Atteone, supera i due chilometri e mezzo per cui si consiglia di effettuarla con la navetta che parte proprio davanti al Palazzo per riservarsi il percorso a piedi, stavolta leggermente in discesa, al ritorno.
Del parco, che copre una superficie di ben 120 ettari Goethe scrisse «I giardini del parco sono stupendi, in armonia perfetta con un lembo di terra che è tutta un giardino

Dalla Fontana di Diana e Atteone la scena è semplicemente magica: a monte le candide statue delle grandi figure mitologiche che mergono dalla scena acquatica su cui cala, come un sipario, la parte terminale della cascata artificiale, a valle l’imponente scena prospettica dei giardini che termina col grandioso palazzo, ma che sembra tendere verso l’infinito. È impossibile non sostare rapiti, perdersi nell’emozione, divorare con gli occhi lo spettacolo.


Ed è proprio qui che si aprono le porte di un’altra meraviglia del parco: il Giardino Inglese, fortemente voluto da Maria Carolina d’Asburgo-Lorena, moglie di Ferdinando IV, che investì nella sua realizzazione una parte cospicua del suo patrimonio personale.

L’artefice fu il noto botanico John Andrew Graefer che mise a dimora numerosissime specie vegetali, sia autoctone, sia esotiche, seguendo uno schema apparentemente casuale in modo da dare l’impressione finale di un bosco spontaneo, con tanto di ruscelli e stagni alimentati dall’Acquedotto Carolino e di finte rovine romane, con una scenografia unica e misteriosa allo stesso tempo.

Si tenga presente che le rovine di Pompei erano all’epoca una scoperta recente che influenzò in maniera decisiva la creazione di questo giardino incantato. Il punto di forza era, e rimane ancora oggi, l’area del Criptoportico e del Bagno di Venere, una suggestione rimasta inalterata per oltre due secoli che ancora incanta ogni visitatore.

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