Tanto per non smentirsi l’India è un Paese estremamente complesso anche da un punto di vista religioso.
Ogni volta che si visitano dei templi “attivi” o le rovine di templi non più frequentati da secoli, le guide cercano di spiegare ad impreparati turisti un sunto della religione Induista.
E così si parte da Brahma, il responsabile della creazione, Vishnu, il responsabile del mantenimento e Shiva, il responsabile della distruzione.
Fin qui sarebbe semplice, ma poi si scopre che le divinità sono circa 330 o 33 milioni (dati che variano da una guida all’altra), che abitano nel ventre della vacca, che dall’Induismo sono nate diverse branche (per esempio il Buddhismo, il Javainismo e il Sikhismo), che molte divinità sono reincarnazioni di altre divinità, che praticamente per ogni cosa esistente sul pianeta, pianta, animale o concetto immateriale, esiste una divinità corrispondente.
E che ovviamente l’Induismo convive con una numerosa popolazione musulmana e altre religioni come il Cristianesimo, l’Ebraismo, lo Zoroastrismo e altre tradizioni tribali minori, come lo Sanamahismo e forme di animismo, oltre al culto di profeti vari.
Un breve viaggio in India non può dunque rendere esperti delle questioni religiose locali, ma ciò nulla toglie all’immenso fascino dei templi visitati in Rajasthan.
Si passa dalle splendide rovine dei templi di Nagda, vicino Udaipur, allo stupendo tempio Jainista di Ranakpur, al singolare “tempio dei topi” di Karni Mata, ai misterosi templi di Galta, abitati da folte colonie di scimmie.
Credenze diversissime, animali, riti misteriosi e una grande atmosfera mistica rendono un’idea del tessuto spirituale di cui l’intero Paese è impregnato.
testo e foto di Roberto Pellecchia