SANTA TROFIMENA MINORII suonatori di zampogna e ciaramella sono forse gli ultimi veri e fedeli testimoni dell’antico culto a Santa Trofimena. Delle reliquie della Santa, trafugate durante le invasioni dei Longobardi  e successivamente riportate a Minori, si hanno notizie già dall’840 d.C. circa.

Patrona per lungo tempo non soltanto della città di Minori, ma di tutta la costiera amalfitana, la santa siciliana con l’arrivo delle reliquie di Sant’Andrea, portate ad Amalfi nel 1206, è stata “destituita”.

Storia di ordinario maschilismo? Chissà. Eppure l’importanza di questa piccola Santa non ha perso vigore nei cuori dei fedeli. Non a caso i festeggiamenti in suo onore si ripetono tre volte ogni anno. Il 13 Luglio, il 5 Novembre ed il 27 Novembre. “Due cose accomunano chi nasce a Minori: l’amore per il mare ed il culto di Santa Trofimena.

È il legame indissolubile che lega la sua storia alla nostra storia. Lei è nata sul mare ed è venuta dal mare in un paese speculare al suo che l’accoglie come sua patrona” – racconta Benedetta D’Amato, cardiologa della cittadina – “io, di origini siciliane per parte paterna e di madre amalfitana, porto con me questo ponte virtuale che ci lega con la terra di Sicilia e a S. Trofimena che sento particolarmente vicina per origini e ardore cristiano”. Questo è il sentimento della gente del posto che conosce e racconta appassionatamente la storia della Santa.

La giovane Trofimena, appena adolescente, fu uccisa dal padre perché desiderosa di ricevere il Battesimo. Il suo corpo fu gettato in mare all’interno di un’urna che, sospinta dalle correnti, giunse sulla spiaggia di Minori. Considerando l’evento foriero di “buona ventura”, i Minoresi accolsero con gioia le reliquie ed eressero in suo onore la Basilica di S. Trophimena.

La tradizione vuole che i Minoresi, esausti per i continui trafugamenti del corpo della Santa, lo nascosero così accuratamente da non riuscire più a trovarlo. Il miracoloso ritrovamento, avvenuto nella notte tra il 26 ed il 27 novembre, ha dato origine al solenne festeggiamento.

Ma, a quella vetusta solennità, secolarizzazione e consumismo hanno  rubato l’anima.

I suonatori di zampogna e ciaramella, dinanzi la Basilica, hanno intonato – e stonato- canti liturgici e popolari in onore della Patrona, tramandati di generazione in generazione, a dimostrazione della genuina volontà di trattenere, forse non invano, i tempi che furono. Ad accompagnarli alcuni musicisti del Conservatorio di Salerno.

Il resto è luci, bancarelle, frastuono. Immancabile lo spettacolo pirotecnico ed un falò che la pioggia battente delle ore precedenti ha spento ancor prima che s’accendesse.

È durante la notte precedente, invece, che si è svolto il rituale più autentico e contemplativo, quello aderente alla tradizione. I suonatori di zampogna hanno attraversato la cittadina inneggiando alla Patrona con canti e preghiere.

I temerari fedeli che hanno sfidato freddo e sonno, un gruppo decisamente nutrito a quanto si dice, rappresentano la storia, la tradizione, quella nella quale, nonostante la modernità e le trasformazioni, risiede ancora la nostra identità.

Gabriella Petruzziello

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