Attività di compravendita molto ridotta e sostanziale tenuta dei prezzi della terra sembrano essere gli aspetti peculiari dell’andamento del mercato fondiario in Italia nel 2010. I valori fondiari sono cresciuti dello 0,8% a prezzi correnti, confermando nella sostanza gli andamenti registrati in questi ultimi anni.

Al netto dell’inflazione (+1,6%) si è verificata un’ulteriore erosione del capitale fondiario a prezzi costanti (-0,8%). Il valore medio della terra supera i 18.400 euro per ettaro, livelli superiori rispetto a quelli che si riscontrano in paesi come Germania (13.000 euro/ha) e Francia (6.000 euro/ha) ma decisamente inferiori ai livelli raggiunti in Danimarca e Olanda (oltre 30.000 euro/ha).

Si conferma la consueta dicotomia tra i valori registrati nelle regioni settentrionali che raggiungono in media livelli superiori ai 25.000 euro/ha rispetto alle regioni del Centro Sud, dove le superficie agricole sono compravendute a valori prossimi ai 10.000 euro/ha.

Queste differenze dipendono in parte dalla redditività mediamente più elevata dei terreni fertili delle regioni padane dotate di buone infrastrutture, ma non mancano di esercitare una decisa influenza anche le dinamiche economiche locali.

La maggiore ricchezza presente al Nord porta gli investitori a diversificare il portafoglio degli investimenti anche nel mercato immobiliare rurale. Anche la presenza diffusa dell’agricoltura part-time genera una domanda di terra soprattutto nell’ottica di allocare il risparmio familiare, al sicuro dalle incertezze dei mercati finanziari sebbene la redditività agricola sia nella maggior parte dei casi poco soddisfacente.

In questo contesto continuano ad avere notevoli difficoltà ad allargare la maglia poderale gli agricoltori professionali che a fronte di valori fondiari poco compatibili con l’effettiva redditività della maggior parte delle colture agricole, sono sempre più orientati verso l’affitto dei terreni.

Meno sicuro e più soggetto alle mutevoli condizioni di mercato ma decisamente più flessibile rispetto all’indebitamento a cui vanno incontro gli operatori che sono in grado di ottenere mutui per l’acquisto della terra.

La difficoltà di accesso al credito viene considerata come uno dei fattori più rilevanti della stagnazione dell’attività di compravendita. In molte regioni si segnala anche una prevalenza dell’offerta sulla domanda sebbene ciò non comporti una significativa riduzione dei prezzi della terra, che potrebbe aumentare l’interesse degli investitori.

La crisi economica e l’aumento dell’indebitamento netto delle imprese agricole rappresentano i maggiori ostacoli per una ripresa del mercato che continua ad essere parzialmente attivo soltanto per i terreni più fertili, destinati a colture di pregio e ben dotati di infrastrutture idriche e logistiche. Anche i finanziamenti destinati alle misure di sviluppo rurale, che nel passato aveva avuto qualche effetto indiretto sul mercato fondiario, sembra non siano più in grado di attivare l’interesse degli operatori.

I percorsi di rafforzamento strutturale delle imprese agricole più dinamiche sembrano maggiormente orientati verso la diversificazione delle attività e un aumento del valore aggiunto nelle fasi a valle dei processi produttivi agricoli.

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