Conosco Gino dal 2010, sette anni fa non era ancora il fenomeno che conosciamo tutti oggi.

Era proprio come si racconta nel suo primo libro (sono certa non sarà l’ultimo): un ragazzo sostanzialmente riservato e dedito al lavoro, abituato ai “pensieri” e mai con la testa sgombra e leggera.

Non significa che si tratti di una persona triste, anzi, è solo che la sua storia personale – che si interseca così fortemente con la storia della pizza napoletana – è stata costellata da un certo tipo di insegnamenti e soprattutto di esempi.

“Pizzaman” è un libro che si lascia leggere con ritmo, che riporta fedelmente la realtà napoletana e di Via dei Tribunali (di ieri e di oggi).

Gino è davvero un uomo della pizza perché è nato in una delle famiglie che ha davvero segnato questo “Patrimonio dell’Umanità”.

Era il 1935 quando i suoi nonni aprirono il “buco” in quella strada così simbolica per la storia di Napoli. Un forno pulsante che serviva per sfamare il popolo, era questa la pizza, basti pensare che si dava la possibilità di consumarla e pagarla la settimana successiva: la formula “oggi a otto”.

La nostra è una pizza generosa, perché è ancora un alimento popolare che deve sfamare tutti, a partire da studenti, pensionati e disoccupati, che rimangono i clienti più numerosi della mia pizzeria in Via dei Tribunali. La nostra pizza straborda dal piatto ed è forse eccessiva per i tempi in cui viviamo: contiene 120 grammi di fiordilatte ed altrettanti di pomodoro (…) La pagnotta pesa 300 grammi invece che 250, e io otterrei solo vantaggi economici a ridurre la quantità“.

Due le persone fondamentali nel suo percorso: zia Esterina ed il suo papà. Rapporti controversi, mai facili, ma necessari ad una crescita veloce (umana e professionale) di Gino.

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Due persone che gli hanno insegnato il mestiere, ma soprattutto che attraverso il lavoro lo hanno tenuto lontano da qualsiasi pericolosa distrazione, forse troppo se il lavoro diventa a volte l’unico pensiero. Un cordone ombelicale, quello di Via dei Tribunali, con la classica doppia lettura, ma che gli è valsa la sua storia.

Ho ritrovato i sacrifici di un ragazzo che si è guadagnato tutto il clamore che oggi gli viene conferito. D’altronde quando non c’è merito non si riescono ad ottenere risultati tali in così poco tempo.

Gino è l’uomo della pizza, soprattutto di questa nuova pizza, della sua nuova dignità e del rinnovato entusiasmo di chi le dà vita ogni giorno.

Appassionante il suo amore per la sua città e per il suo lavoro, lucida la sua analisi moderna di una tradizione così forte. Non si schiera contro chi vuole lavorare nuovi impasti e giocare con nuovi condimenti e soluzioni, ci tiene solo a ribadire che per lui la pizza deve costare poco e snobba alla grande il food cost a favore di una gestione più istintuale dei locali in cui è imprenditore.

Ci sono l’esperienza londinese, la sua storia con Loredana, il tentativo universitario, la presenza costante della camorra, l’incendio, l’arrivo a La Prova del Cuoco ed anche Master Chef. Ci sono spaccati di vita che mantengono sempre Napoli ed il valore della pizza al centro.

Un libro che consiglio vivamente a tutti coloro amano questo grande simbolo del Made in Italy e abbiano voglia di avvicinarsi alla sua storia e a quella della nuova generazione di pizzaioli napoletani.

Un libro che mi dà ancora una volta l’occasione di fare un plauso ad un uomo dalla grande tenacia, che non ha nascosto le proprie debolezze facendole diventare punti di forza.

Il suo racconto è il racconto di chi crede e sa sognare. Il suo è un libro perfetto per festeggiare una nuova stagione per un piatto che è simbolo di Napoli ma anche cibo universale (ormai!).

Ad majora

Antonella Petitti

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