Un cioccolatino sobrio ed elegante, che si racchiude in una pellicola dorata. Un mix di gusto e piacere nato quando Napoleone bloccò le importazioni di cacao e firmato da Caffarel-Prochet.

Il cioccolatino più offerto ha ben 150 anni di storia. Infatti, proprio più di un secolo e mezzo fa, fu tenuto a battesimo durante la sfilata dei carri di Carnevale.

Battesimo che avvenne con il lanci di una pioggia di prelibatezze da parte di Gianduja, la popolare maschera torinese. Nasceva così il mito del cioccolatino che intreccia la sua storia con quella della città.

Già prima della nascita del gianduiotto, Torino era una delle capitali del cioccolato e secondo una leggenda, sono stati proprio i torinesi a inventare il primo cioccolatino, “il Diablotin”, diavoletto, e secondo quanto si racconta fu Cagliostro a inventarlo, che ebbe ispirazione proprio a Torino, città in cui era di passaggio.

Il gianduiotto nasce dal matrimonio tra il cacao, lo zucchero e la Tonda Gentile, ma vera novità soprattutto per l’epoca era la carta stagnola ad avvolgerlo, come involucro. Sulla sua classica forma a barchetta, le versioni sono diverse, ma la tesi più accreditata è che ricordi quella del cappello di Gianduja.

Il merito di questa innovazione pasticcera nasce dall’incontro di due maestri di cioccolateria: Michele Prochet ed Ernesto Alberto Caffarel, che hanno fondato l’azienda Caffarel-Prochet.

Nella storia che porta alla nascita del gianduiotto c’è lo zampino anche di Napoleone, perché il suo blocco alle importazioni di cacao dall’Inghilterra, a inizio secolo, aveva spinto i cioccolatieri piemontesi a sperimentare l’uso della nocciola in sostituzione di parte del cacao.

Nell’ ‘800 il tipo di lavorazione del gianduiotto è cambiato: alle origini la pasta di cacao e nocciola era molto morbida da non poterla versare in stampi così veniva tagliata rigorosamente a mano. Questo fino all’invenzione del concaggio: pasta di burro di cacao che permise di utilizzare degli stampi da produzione su larga scala, oggi il taglio non è più a mano ma con l’utilizzo di una specie di macchina.

Il gianduiotto non è solo una vera e propria opera d’arte nel campo della cioccolateria ma incontra anche gli artisti del tout court. Come il futurista Mondino, che alla fine degli anni ’90 usava i gianduiotti come tessere di mosaico per le sue coloratissime composizioni.

Da non dimenticare anche Andy Warhol che una volta dichiarò di Torino di amare due cose: la ‘600 e i gianduiotti. Ma il gianduiotto è finito anche nelle tavole a fumetti di Topolino, infatti, agli inizi del 2000 uscì un numero della rivista con la storia di Papermicca, che secondo la storia sarebbe stato anche il creatore del gianduiotto.

Ad innamorarsi del cioccolatino sono stati in molti, anche chef famosi e pluristellati, che hanno creato magnifici piatti. Insomma 150 anni di storia e di sapore che di certo il gianduiotto non dimostra.

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