Nell’ambito della manifestazione “Botteghe&Mestieri”, svoltasi a Giungano (SA) a fine settembre, la FISAR Salerno ha promosso un convegno di settore “Il Cilento, il vino e gli autoctoni”. Tra gli autorevoli relatori anche l’ampelografa Antonella Monaco, che per l’occasione ha fornito dati e spunti interessanti sul lavoro – che sta svolgendo ormai da anni – di ricerca e tutela dei vitigni autoctoni cilentani.

 

Ecco di seguito i passaggi più importanti del suo intervento:
“La Campania, insieme alla Calabria, rappresentava la regione viticola per eccellenza nel Mezzogiorno d’Italia tra l’XI ed il XIII secolo. Oltre che a Gaeta, Capua ed Aversa, viene ampiamente documentata la diffusione della vite nelle località dipendenti dall’abbazia di Cava nei primi anni del 1200 e l’importante produzione vinicola di Salerno. La presenza della vite è attestata anche nella zona di Eboli, ai margini della paludosa piana del Sele.
Numerosi fonti di quel periodo illustrano inoltre materiali e tecniche di vinificazione e coltivazione della vite sulla costiera amalfitana, tanto che Carlo d’Angiò poteva pensare, nel 1271, che distruggere le vigne degli amalfitani fosse un “convincente” argomento per costringerli ad imbarcarsi sulle sue navi da guerra.
Si hanno, poi, notizie molto precoci di vigne che circondavano la Scalea nel golfo di Policastro (Giovanni Cherubini – I prodotti della terra: olio e vino. In: Terra e uomini del Mezzogiorno normanno-svevo. Atti delle settime giornate normanno-sveve. Bari, 1985)
La vigna segue però le vicende degli uomini, estendendosi o contraendosi secondo lo sviluppo economico e demografico della società.
Le ricorrenti epidemie di peste che attraversano il XIV secolo e i rivolgimenti politici provocati dal succedersi di dinastie straniere tra il 1400 ed il 1500 creeranno condizioni difficili per una ripresa stabile della viticoltura regionale. Ciononostante, dalla seconda metà del 1500 e per i primi decenni del 1600, viene apprezzata la produzione enologica di alcune aree della provincia di Salerno: i vini della zona di Sarno e della piana di Eboli vengono esportati a Napoli; per il Cilento vengono anche attestati l’esportazione di vino verso la capitale del viceregno nel 1571 (Pietro Ebner – Storia di un feudo del Mezzogiorno: la Baronia di Novi. Roma, 1973) ed il commercio della Vernaccia presso la Corte Pontificia.
Ma la crisi agraria della fine del 1500 prolungherà i suoi effetti nel secolo successivo, quando crolla la produttività della viticoltura in generale e cilentana in particolare. A Molpa e Centola, nel 1654, le spese di gestione del vigneto incidono per il 50% sulla vendita del vino mosto, molte vigne vengono tagliate e convertite alla coltura del gelso o addirittura abbandonate come a Morigerati nel 1645 o a Sanza nel 1662.
Tra il 1667 ed il 1671, la quantità di vino esportata fuori dal regno è di appena 2242 botti per il Principato Citra, contro le 11248 di Terra di lavoro e le 5910 per la Calabria Citra (Aurelio Musi – Il Principato Citeriore nella crisi agraria del XVII secolo. In: Problemi di storia delle campagne meridionali nell’età moderna e contemporanea, a cura di Angelo Massafra. Bari, Dedalo Libri, 1981)
Uno degli aspetti che più si evidenzia, nel confronto delle fonti storiche, è lo spostamento attuale della viticoltura dall’interno verso la costa. In particolare, da “La Statistica del Regno di Napoli del 1811: relazione sulla provincia di Salerno” (a cura di Leopoldo Cassese, Collana Storico-economica del salernitano, Salerno, 1955), si nota come la viticoltura fosse molto più diffusa nelle zone interne che non in quelle costiere: Castelnuovo e Buonabitacolo producevano rispettivamente 1600 e 3119 caraffe da 33 once di vino contro le 128 di Agropoli o le 50 di Sapri. In questo elenco è possibile anche individuare alcuni centri molto sviluppati nella produzione di vino come Marsiconuovo (6000 caraffe da 33 once, Montecorvino (4560 caraffe da 27 once), Nocera (7000 caraffe da 33 once), San Severino (4500 caraffe da 27 once). Tra i comuni costieri, Vietri (5000 caraffe da 33 once) e Amalfi (1600 caraffe da 24 once) erano i maggiori produttori.
Il giudizio sul vino dell’estensore della relazione era molto lusinghiero: “in generale la qualità dei vini è si buona, ma quelli del Cilento e con precisione quelli di Pisciotta e San Nicola sono gli ottimi della provincia. Salerno però ed i suoi circondari fanno pure ottimi vini”. L’autore conclude con una riflessione, comune a tutti coloro che nel periodo si occuparono della vitienologia del Regno, sul “miracolo” di produrre buoni vini, nonostante la mancanza di cure: “E’ portentoso come vengano buoni mentre non si usa a migliorarli”.
Sempre da questa fonte, si ricavano anche alcuni nomi di vitigni: Moscatella e Santasofia tra i bianchi, Gliandica, Mammolarossa, Malvasia e Occhio di pernice per i neri.
Centri di antica tradizione vitivinicola, come Vallo della Lucania ed i comuni circostanti, sebbene abbiano perso nel tempo il primato produttivo in termini di superficie, hanno tuttavia conservato quello di maggiore variabilità genetica della vite e di legame con il territorio attraverso la conservazione di peculiari forme di allevamento che non si ritrovano in altre zone della Campania”.
Di seguito vengono elencati i comuni della provincia di Salerno ed i relativi vitigni recentemente individuati, per i quali è già stata realizzata l’analisi genetica del DNA (carattere in grassetto dell’elenco, dati non pubblicati).
Queste le istituzioni di ricerca che hanno realizzato l’indagine: Facoltà di Agraria di Portici, Se.S.I.R.C.A. Regione Campania, Fondazione E. Mach di San Michele all’Adige (TR), mentre molte delle varietà riportate di seguito sono presenti presso l’Azienda Sperimentale Regionale Improsta del CRAA di Eboli (SA).

 

VITIGNI  ANALIZZATI  TRAMITE  DNA (in grassetto) A BACCA BIANCA:

1) BIANCA A CUORE (RODIO – PISCIOTTA)

2) CHIAPPARONE (CASELLE IN PITTARI)

3) RODIANA BIANCA (RODIO – PISCIOTTA)

4) FENILE  (FURORE, RAVELLO, GIA’ ISCRITTA)

5) GINESTRA (sinonimi: Biancatenera, Biancazita – FURORE, RAVELLO – GIA’ ISCRITTA)

6) IUVINA (CASELLE IN PITTARI)

7) PEPELLA (FURORE, RAVELLO – GIA’ ISCRITTA)

8) RIPOLO (FURORE, RAVELLO – GIA’ ISCRITTA)

9) SANGINELLA (SALERNO)

10) SANTA SOFIA (MOIO DELLA CIVITELLA, SAN MAURO LA BRUCA, TORRE ORSAIA ED ALTRI)

11) VESPAREDDA (RODIO – PISCIOTTA)

 

A BACCA NERA

AGLIANICHELLO (BELLOSGUARDO)

AGLIANICONE (CASTEL S. LORENZO)

AGLIANICONE (VARI BIOTIPI IN CORSO DI CONFRONTO – FELITTO)

AGLIANICONE DEL CORVO (RODIO – PISCIOTTA)

ARENACCIA (RODIO – PISCIOTTA)

ARMONERA (RODIO – PISCIOTTA)

MANGIAGUERRA (MOIO DELLA CIVITELLA)

MOSCATELLO

NERA LASCA (RODIO – PISCIOTTA)

PRIMITIVO FEMMINILE  (OGLIASTRO MARINA)

PRIMITIVO MASCHILE (OGLIASTRO MARINA)

REGINELLA (IN CORSO DI CONFRONTO – POLICASTRO)

RODIANA NERA (RODIO – PISCIOTTA)

TINTORE (CASELLE IN PITTARI)

TINTORE DI TRAMONTI (TRAMONTI)

UVA PUZO (CASTEL S. LORENZO)

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