ROMA. A dieci anni esatti dal varo delle misure nazionali per far fronte alla prima e più drammatica emergenza sulla sicurezza alimentare determinata dalla cosiddetta “mucca pazza”, l’incontro si pone l’obiettivo di approfondire un processo di rigenerazione che ha portato “dalla paura alla precauzione” determinando una “svolta nei campi e sulla tavola” che ha fatto conquistare al Made in Italy primati nella qualità, sicurezza e sostenibilità ambientale, ma ha anche cambiato la cucina tradizionale e le sue ricette.

Il costo delle emergenze alimentari, i cambiamenti nelle abitudini degli italiani negli ultimi dieci anni, i primati conquistati dall’agroalimentare nazionale nello stesso periodo e i sistemi di controllo attivati per evitare che episodi simili si ripetano sono al centro dell’incontro “Mucca pazza dieci anni dopo” che si svolgerà mercoledì 9 Marzo 2011 alle ore 10,00 a Roma in via XXIV Maggio 43 presso la sede di Coldiretti con la partecipazione dell’allora Ministro dell’Agricoltura e attuale Presidente della Fondazione UniVerde Alfonso Pecoraro Scanio, di Giovanni Fava – Presidente della Commissione Parlamentare di inchiesta sulla contraffazione e la pirateria commerciale, di Giuseppe Vadalà – Dirigente CFS e Responsabile del Nucleo Agroalimentare e Forestale, di Antonio Noto – Direttore di IPR Marketing, di Alberto Manelli – Direttore Generale dell’Istituto Nazionale di Economia Agraria, di Rosario Trefiletti – Presidente Federconsumatori, di Giorgio Calabrese – Docente di Nutrizione Umana all’Università Cattolica di Piacenza e di Sergio Marini – Presidente della Coldiretti.

Sarà presentato il primo studio sui cambiamenti nel piatto degli italiani e sulla mutata percezione della sicurezza alimentare a dieci anni dall’emergenza, individuando i piatti della cucina tradizionale italiana che sono stati cancellati o stravolti dalla mucca pazza, dalla pajata del Lazio al vero risotto alla milanese, dalla finanziera del Piemonte alle frittelle di cervello di bovino adulto fino alla salsa peverada veneta e alle altre specialità regionali, ma anche le innovazioni introdotte come i primi hamburger “doc” di carne chianina, piemontese e marchigiana.

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