Modica, piccolo comune in provincia di Ragusa. Ribattezzata la città delle cento chiese. Famosa per la sua architettura barocca, ma anche per l’antica arte della produzione del cioccolato artigianale.
Qui si è diffusa l’arte di lavorare il cioccolato esattamente come facevano gli Atzechi. La cioccolata che si produce a Modica ha origini antichissime, che attraversano il tempo e uniscono la contea di Modica, la Spagna e la civiltà meso-americana degli Aztechi: gli antichi abitanti del Messico.
La storia della cittadina siciliana racconta che di un’antica figura, quella del “ciuccilattaru”, il quale si portava dietro il “metate” su di un carro per produrre di casa in casa ciò che i suoi compaesani ritenevano un alimento.
Ecco perchè Modica è a pieno titolo la capitale del cioccolato e della cioccolata in tazza, perché solo qui si sono mantenute vive le antiche tradizioni del “teiate”: la bevanda degli Indios, a base di semi di cioccolato.
Per non smarrire le tracce di questa cultura millenaria è sorto un museo etnografico delle tradizioni artigianali, dove vecchi strumenti raccontano la storia di tradizioni e mestieri che le moderne tecnologie hanno spazzato via per sempre.
Strumenti ancora oggi necessari per produrre il cioccolato così come veniva lavorato un tempo. Il punto centrale della dolceria tradizionale di Modica, come anche della lavorazione e trasformazione del cacao è il “metate”: una pietra concava, alla cui base viene acceso un fuoco.
Un regalo della civiltà azteca, per la lavorazione del cioccolato. Infatti, il maestro cioccolatiere di Modica, nel suo lavoro quotidiano, ripete i riti antichi che gli Indios insegnarono ai conquistatores, che poi gli spagnoli trasferirono nei loro territori. Attraverso il calore del fuoco e lo sfregamento del bastone con la pietra del metate, i semi del cacao si trasformano in massa calda. E’ così che il calore ammorbidisce il burro di cacao e la massa ingloba senza scioglierlo lo zucchero e le spezie.
Una volta pronta la massa, questa viene rilavorata a mano sopra la cosiddetta “carta briglia”: uno speciale tipo di carta che si produceva ad Amalfi e ha sempre rappresentato il punto di incontro tra il cioccolato e la medicina popolare.
La carta utilizzata per preparare il cioccolato non veniva mai gettata ma si conservava gelosamente durante tutto l’inverno: quando ci si ammalava, se ne chiedeva un foglio alla dolceria. La medicina popolare, attribuiva – infatti – a questa carta e ai resti del cioccolato, proprietà espettoranti probabilmente legati alla presenza della cannella e della vaniglia. Nel tempo la produzione si è evoluta, con la complicità dei nuovi strumenti, ma la metodologia di produzione del cioccolato di Modica è ancora oggi vicinissima a quella attuata dagli Aztechi.
Il punto di partenza attuale è la massa di cacao, i semi macinati, che non vengono privati del burro di cacao in essa contenuto. Viene riscaldata per renderla più fluida per poi essere mischiata a zucchero semolato e spezie, come cannella o vaniglia.
Il composto sarà mantenuto ad una temperatura alta per permettere ai cristalli di zucchero di rimanere intatti all’interno della tavoletta, amalgamando il tutto attraverso una raffinatrice, l’odierna sostituta del metate.
La fase finale consiste nel distendere il composto all’interno degli stampi che poi vengono battuti per far sì che il cioccolato assuma la forma desiderata.
Un prodotto d’eccellenza e di vanto per la città ragusana, che per proteggere la storia, la memoria e la ricetta del suo cioccolato artigianale nel 2003 ha dato vita al Consorzio di Tutela del Cioccolato Modicano, realtà alla quale hanno aderito negli anni 20 produttori locali.
Il Consorzio ha anche avviato l’istruttoria per ottenere il riconoscimento del marchio IGP (Indicazione Geografica Protetta), redigendo un vero e proprio disciplinare di produzione che garantirà in futuro la salvaguardia e la promozione di un prodotto capace di rappresentare una tradizione golosa e secolare.

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